Salutiamo la Contea e ci mettiamo in macchina verso la regione di Waikato. A poco più di un’ora di strada ci attendono le grotte di Waitomo; in lingua māori wai significa acqua e tomo cavità, perché nell’intera zona sono presenti migliaia di grotte, formatesi circa 30 milioni di anni fa, alcune delle quali visitabili. Ciò che rende queste grotte così affascinanti sono i gloworms che le popolano. Italianamente parlando, piccole larve di insetti bioluminescenti (come lucciole) che illuminano come tantissimi piccoli neon il tetto e le pareti di profonde grotte sotterranee.
Il tour operator a cui ci siamo affidate per visitare le grotte, Blackwater Rafting Co., propone sia percorsi semplici in barca sia più complessi, comprensivi di scalate a doppia corda, tutti da prenotare e pagare in anticipo. Un percorso nascosto nel buio, con stretti passaggi, ostacoli e vermi, ma all’asciutto, non ci sembrava abbastanza avventuroso, per cui abbiamo scelto di farlo sistemate su comode ciambelle gonfiabili. Per prima cosa le guide ci forniscono muta, scarponi, caschetto e un’enorme ciambella. Con un furgoncino ci portano non lontani dal punto di incontro, vicino al fiume a ridosso della montagna: è il momento della nostra prima lezione di speleologia. Riceviamo piccole indicazioni su come muoverci e comunicare, ed effettuiamo anche una prova tecnica di simulazione tuffo da utilizzare per superare piccoli dislivelli all’interno delle grotte. Siamo pronti!
La grotta prevista nel nostro percorso è quella di Ruakuri, alla quale si accede tramite una sottile crepa nella roccia nella quale ci caliamo uno alla volta.
Siamo dentro la montagna e nel buio della terra fa già molto più freddo che esternamente; l’acqua è un rigagnolo innocuo, ma la guida ci informa che il torrente diverrà più ampio e profondo proseguendo, e in alcuni punti insidioso. Uno degli avvertimenti più importanti è quello di non toccare assolutamente con le mani le pareti incontaminate delle grotte, per preservarle; pareti sulle quali, oltre ai vermi fotonici, ci sono ragni, scarafaggi, pipistrelli, per non parlare poi dei pesci dall’aspetto preistorico che ci sfiorano le gambe ma, ringraziando il mio scarso livello di inglese, questo lo apprendo solo una volta tornati alla base. È vietato anche introdurre videocamere e macchine fotografiche poiché il flash comprometterebbe la luminescenza dei piccoli organismi che le abitano e che timidamente tornerebbero a brillare solo dopo diverse ore. Più seguiamo il fiume sotterraneo più sembra di allontanarsi dalla realtà e l’emozione, e ammettiamolo, un po’ anche la paura, aumentano, a causa del buio, infranto solo dalle torce dei nostri caschetti; i suoni sono ovattati, il freddo si fa sempre più penetrante e l’acqua più profonda e turbolenta. Ma sulle nostre teste risplendono stelle di vermi luminosi di un blu fluorescente. Sembra di essere su un altro pianeta e lo spettacolo è davvero incredibile! A naso in su e ignara delle resto della fauna nascosta nelle tenebre, mi godo questo viaggio; ma il gruppo è fermo, uno di noi è in difficoltà… “move your hands to keep you warm.. “… chi ha le labbra livide e la mascella tremante? Camilla, che inizia a muovere le braccia su e giù, a destra e sinistra per riattivare la circolazione. È già abbastanza buffa normalmente e così strappa una risata a tutti! Penso anche che per fortuna prima di partire, al desk di accoglienza, abbiamo fornito il numero di sua madre come contatto di emergenza: male che vada lei sa risolvere tutto.

Concludiamo il percorso dopo circa 1,5 km, senza ulteriori feriti; il raggio di luce in fondo al tunnel si fa sempre più grande mentre ondeggiamo lenti sulle nostre ciambelle scivolando verso l’uscita. Il sole inizia a far sentire il suo calore ed eccoci di nuovo in superficie.
Serena B.