Nuuk, la capitale della Groenlandia, crea subito sensazioni diverse rispetto alla più piccola Ilulissat.
Da un lato ci si sente più vicino al proprio mondo di europei, dall’altro si percepisce una minore autenticità a causa della maggiore urbanizzazione e presenza di scenari familiari. Nuuk è una vera e propria città che conta poco più di 20 mila abitanti. Camminando per le sue strade ci si accorge anche di essere meno osservati piuttosto che in altri luoghi, dove molti si giravano per guardarci poiché palesemente diverse.
A Nuuk le strade sono più grandi, ci sono gli autobus, c’è un centro commerciale e le distanze sono leggermente più grandi che a Ilulissat. D’altra parte qui ci troviamo ben 240 chilometri sotto al circolo polare artico, quindi tecnicamente non più artico. Nonostante questo, dopo diversi giorni di sole, proprio a Nuuk abbiamo per la prima volta trovato un tempo incerto, diretto verso un vero e proprio inverno con tanto di neve!
- Cosa fare e vedere a Nuuk – itinerario giorno per giorno
1. Giorno 1 – l’arrivo nella capitale della Groenlandia
2. Giorno 2 – sup nel fiordo e visita ai musei di Nuuk
3. Giorno 3 – trekking in montagna e itinerario artistico del centro
4. Giorno 4 – cosa fare a Nuuk quando le escursioni saltano: shopping
5. Giorno 5 – puffin safari e crociera nel fiordo - Informazioni utili per un soggiorno a Nuuk: come muoversi, dove dormire, dove mangiare
1. Cosa fare e vedere a Nuuk – itinerario giorno per giorno
Giorno 1 – l’arrivo nella capitale della Groenlandia
Un viaggio all’insegna del cardiopalmo (sbalzi cardiaci continui e percepiti) quello da Ilulissat a Nuuk. Ma andiamo per step. Il sabato 11 giugno siamo partite per Nuuk. La mattina il taxi che avevamo prenotato per l’aereoporto non è mai arrivato, ma questa è una storia che potete leggere nell’articolo di Camilla su Ilulissat. Livello stress di Camilla per il momento: 8,5/10. Fortunatamente una mamma e la sua stupenda bimba ci hanno offerto un passaggio e chiacchierando scopriamo che il loro ultimo viaggio era stato proprio in Italia, a Vernazza, nelle Cinque Terre…che piccolo il mondo!
Una volta arrivate all’aeroporto il livello di stress di Camilla era sceso a 6. Al momento del check-in una sorridente hostess ci rassicura: “tranquille il numero del volo è giusto, andrete a Nuuk, facendo due fermate, ad Aasiaat e Sisimiut“. Ed ecco il panico. Camilla stava già calcolando quanto salivano esponenzialmente le nostre probabilità di morire in volo, pentendosi di non aver scelto la nave. E’ in effetti un’altra concreta possibilità per raggiungere Nuuk da Ilulissat. Meno letale ma più scomodo, dato che il viaggio prende più di un giorno. Abbiamo scoperto così che è la normalità che questi aerucoli da 39 posti facciano fermate intermedie, cosa segnalata in fase di prenotazione, ma che non avevamo minimamente considerato. Si tratta di tratte brevi, trai 15 e 30 minuti. La cosa simpatica è che a bordo servono sempre tè e caffè per farti rilassare. Se non ti chiami Camilla, che sotto ansia e caffeina a un certo punto era diventata ingestibile. In fase di atterraggio dal finestrino si scorge il mare che lascia intravedere il fondale e piccole imbarcazioni solitarie nel mezzo degli infiniti fiordi; ma dove cavolo vanno che non c’è nulla?




Quasi seicento chilometri più a sud, siamo atterrate a Nuuk e fortunatamente mancavano ancora 5 giorni al prossimo volo.
Abbiamo come sempre preso subito un taxi. Il tragitto dall’aeroporto al centro costa circa 25€. Ci siamo fatte portare fino al nostro appartamento passando di fronte a palazzi, negozi, semafori e un via vai di gente indaffarata. L’atmosfera artica di Ilulissat già ci mancava.
Non appena arrivate in quella che avremmo chiamato casa nei giorni successivi, abbiamo conosciuto i nostri host, una coppia di signori sulla sessantina che affittano una stanza in più ai viaggiatori. Ci hanno detto di essere originari delle Isole Loften; hanno mollato tutto, i cinque figli e la loro vecchia vita per vivere in questo appartamento, con le poltrone rivestite in pelle di foca, i tupilak come soprammobili e altre caratteristiche decorazioni, come un bellissimo corno di narvalo e il teschio di un tricheco gigante; tutti cimeli gentilmente regalati da un amico. E i vostri amici che regali vi fanno?
Ammettiamolo, non avevamo capito che la casa fosse in condivisione, ma tutto sommato il salone con vista sul fiordo ha valso più di un qualsiasi 5 stelle. Avete mai fatto colazione mentre guardate delle balene che emergono e si rimmergono nel mare?
Abbiamo sistemato le nostre cose nella piccola cameretta e dopo due dritte da parte di Pàll, il nostro host, abbiamo raggiunto a piedi il ristorante Esmeralda, molto di moda in città. La cucina è internazionale; qui si servono zuppe, hamburger e pasta. Ne abbiamo approfittato per provare la Faxe Kondi, bibita “di bandiera” molto simile alla Sprite. Costo totale della cena: 52€.
Dopo aver mangiato troppo, con il sole ancora alto, siamo andate a letto. Eh sì, purtroppo i nordici hanno uno strano concetto di tende oscurati e probabilmente le classiche tapparelle vengono tutte fermate alla dogana per qualche ragione.
Giorno 2 – sup nel fiordo e visita ai musei di Nuuk
La città è circondata da montagne, tra le quali la più famosa è Sermitsiaq, la montagna stella, nome dovuto alle sue cinque punte. Alta 1210 metri, è visibile da quasi qualsiasi punto della città, o quasi. Nuuk è il nome che gli indigeni hanno voluto per la loro città, cambiando il nome che le fu dato dal suo fondatore danese Hans Egede, nel 1728: Godthåb. Due secoli più tardi, per volere degli abitanti, fu chiamata Nuuk, promontorio.
È dal mare su cui si affaccia che siamo partite per conoscere la città. La prima mattina era infatti prevista un’escursione in sup tra le gelide acque che si insinuano nei profondi fiordi. Le previsioni meteo non facevano ben sperare; pioveva e tirava un forte vento.
L’escursione, come la maggior parte a Nuuk, era organizzata da Nuuk Water Taxi e fortunatamente stavolta il meeting point si trovava ad un paio di minuti a piedi da casa. Le barche di Nuuk Water Taxi sono facilmente riconoscibili perché sono gialle e decorate come i taxi di New York. Ci ha accolte la nostra guida, Simi, una ragazza originaria di Aasiaat. Non siamo scese in sup di fronte alla città, come era stato per il kayak a Ilulissat, ma con le barche ci hanno trasportati in una zona più lontana. L’escursione prevede una durata di circa 6 ore, di cui due di navigazione all’andata e altre due al ritorno. Abbiamo risalito il fiordo alla ricerca di una delle tante baie in cui l’acqua, quel giorno decisamente mossa, fosse più calma. Una volta arrivate ci siamo infilate, con non poca fatica, le mute termiche, sotto alle quali si tengono i propri vestiti, giacca esclusa.



Brevi considerazioni iniziali sul sup artico: la tuta ti impedisce i movimenti, l’acqua è gelata, è probabile incontrare animali giganti, in più, nel nostro caso, c’era parecchia corrente e pioveva.
Con una certa sorpresa apprendiamo che la guida non sarebbe venuta con noi, ma si sarebbe limitata a seguirci ed ad aiutarci a scendere e salire dalla barca. In pratica ti lasciano girovagare in solitaria, in tipico stile inuit “vai e sopravvivi”! Mentre si galleggia su un’acqua quasi nera, intorno si mostrano le montagne innevate, i cui pendii finiscono in mare. In lontananza si vedono piccoli iceberg, i pochi che sono riusciti a insinuarsi in fondo al fiordo. Dopo aver fluttuato per circa un’ora cercando di contrastare le correnti, purtroppo si è alzato il vento e la guida ha ritenuto più sicuro interrompere l’attività per tornare alla base.


Siamo tornate a casa per un pasto caldo, per poi uscire nuovamente nel pomeriggio.
Abbiamo visitato il Museo Nazionale della Groenlandia. L’ingresso è libero ma mi raccomando di controllare gli orari di apertura che variano in base alla stagione. All’interno il museo è colmo di reperti inuit provenienti da tutta la Groenlandia, reperti che incidono ahimè un sacco animali morti. Tra questi sono esposte anche quattro mummie che appaiono quasi all’improvviso in un’ambientazione abbastanza inquietante.
Anche questo museo ci ha positivamente sorprese, sia per l’interesse della collezione, che per la presenza di souvenir carini e a buon prezzo, nonché una buona raccolta di libri sulla cultura locale.
Di fronte al museo è si trova il Nappajap Sannavia (the Cooper’s Workshop), un vecchio laboratorio artigiano con alcuni strumenti e utensili per uso di falegnameria e commerciale. I più riconoscibili servivano a creare le scritte, i cosiddetti tag, su casse e botti da spedire.




Per concludere la giornata, ci siamo avviate verso il Kunstmuseum. Il Museo d’Arte si visita con soli 4 € e consiste in realtà in una collezione privata di dipinti e sculture che, nella maggior parte dei casi, rappresentano paesaggi groenlandesi e il popolo inuit.
Uscite dal museo abbiamo girovagato un po’ nei dintorni, mentre le nuvole e il vento avevano dato vita a un meraviglioso inverno. Hanno iniziato a cadere piccoli fiocchi di neve nell’aria sempre più gelida, cosa che ci ha rese solo più felici.
Giorno 3 – trekking in montagna e itinerario artistico del centro
Visitare Nuuk per intero, senza veramente perdersi niente, richiede da uno a due giorni. Noi ne abbiamo avuti molti di più perché il meteo non ci è stato amico. Dopo fin troppi giorni da sogno, era scontato che la iella sarebbe arrivata. Purtroppo l’inverno non aveva ancora lasciato Nuuk e il maltempo ha reso infattibili ben due delle escursioni che avevamo prenotato. Quel giorno infatti avremmo dovuto prendere parte a un trekking sulla montagna Ukkusissat per ammirare paesaggi incredibili e vivere un’esperienza imperdibile. E invece ce lo siamo perso.
Abbiamo dovuto ricalcolare e come prima cosa abbiamo fatto l’Art Walk consigliatoci praticamente da chiunque. Si tratta di un tour a piedi in città affrontabile in maniera autonoma con una semplice cartina o tramite il percorso descritto nella App Colorful Nuuk, che consiglio di scaricare come ausilio alla visita della città. A questa pagina potete trovare l’elenco completo delle opere, che comprendono sculture, murales e edifici, le tracce audio esplicative e la mappa.



Abitando (sì, per quei cinque giorni era casa mia!) davanti al lungomare, siamo partite da lì e, percorrendolo, siamo arrivate fino alla città vecchia, Old Nuuk. Questa zona è presidiata da una collina con sulla cima la scultura di Hans Egede. Qui è dove si trova il nucleo originario della città, con l’immancabile chiesa in stile nordico sul fondo di un vialetto di pietra, circondata dalle case colorate che caratterizzano Nuuk.





Lungo l’itinerario delle sculture si incontra il Café Pascucci, molto amato dai locals e, dato che era l’ora della merenda, ci siamo fermate per una pausa. Il nome del locale è un esplicito riferimento all’Italia ma dubito che abbiano preso spunto da un nostro menù, vista la lista infinita di piatti all’americana. Erano solo le 10.30 e dalla cucina uscivano piatti con hamburger giganti, patatine fritte, salse, panini, birra, coca cola…Noi abbiamo puntato a qualcosa di più leggero: carrot cake, un cappuccino rosa di barbabietole e uno verde al matcha.
Tra tutte le opere che si incontrano per la città The mother of sea è decisamente la più bella e interessante.
La madre del mare, una donna abbracciata da alcuni animali marini, emerge dalle acque del porto vecchio, il Colonial Harbour. In base alla marea la statua si può ammirare nella sua interezza, oppure solo in parte quando l’acqua la sommerge. C’è anche un’altra opera che narra di un mito locale, Kaassassuk, di fronte al Palazzo del Governo.
Secondo la tradizione, Mother of Sea governa le acque marine e tutte le creature che le abitano. E’ lei a decidere, in base alle azioni degli uomini, se fornire loro i pesci e gli animali per la pesca e la caccia. La leggenda narra che un giorno Mother of Sea smise di mandare viveri agli uomini. Questi, sul punto di morire di fame, inviarono un uomo alla Madre per capire il perché di un simile gesto. Il motivo era che lo sporco del mare aveva ingarbugliato e rovinato i capelli della Madre, facendola adirare. Come punizione, l’uomo dovette spazzolarla fino a far risplendere i suoi capelli. Una volta puliti, la madre rilasciò tutti gli animali presi in ostaggio.
Kaassassuk è invece il nome di un ragazzo orfano che, secondo la leggenda, fu vittima di violenze e bullismo nel suo paese. Per questo motivo si diede alla fuga e durante il suo viaggio si imbatté nel Signore del Potere. La scultura mostra l’incontro tra la divinità e il ragazzo che ne acquisisce gli sconfinati poteri. Due teste volgono lo sguardo in direzioni opposte, ma i corpi sono indissolubilmente fusi. Il dio è rappresentato con sembianze elefantine.



Le successive opere sono più che altro omaggi agli inuit e ai loro usi e costumi. Tra le opere più belle si trova una famiglia di kayak in ferro che diventano panchine dove trovare riparo dal vento; camminando si trovano poi dei simboli disegnati su delle rocce e enormi murales rappresentanti gli animali artici e il loro legame millenario con la sopravvivenza di questo popolo.
Una delle opere si trova nel polo culturale della città, Katuaq, un edificio polifunzionale adibito a bar, sala concerti, galleria d’arte e cinema.



Giorno 4 – shopping e tempo libero: cosa comprare a Nuuk e dove andare
La giornata è partita male. Ad un’ora dall’escursione abbiamo ricevuto la mail della disdetta. Non abbiamo mai visto Qoornooq, un piccolo insediamento vicino a Nuuk che vale particolarmente la pena visitare. Essendo ormai a fine viaggio, non abbiamo avuto neanche modo di posticiparla ai giorni seguenti. Quindi ci porteremo dietro anche questo dispiacere, oltre al trekking in montagna mai fatto del giorno prima.
Qoornooq si visita con un’escursione di 4 ore (168€) ed è tra le cose da fare a Nuuk più consigliate. Purtroppo, nei giorni del nostro viaggio le temperature ancora troppo basse non permettevano di percorrere i sentieri, ancora coperti da neve e ghiaccio; in più il mare era mosso. Tutto questo mentre in alcune città Italiane si raggiungevano i 37°.
Abbiamo tentato di trovare altro da fare recandoci all”ufficio turistico Tupilak, ma per quel giorno non avevano altro da proporre. Una parte dei soldi ci è stata immediatamente restituita, mentre l’altra l’abbiamo investita in un’escursione aggiuntiva per il giorno dopo, la crociera nel fiordo che in principio avevamo sacrificato per escursioni più interessanti. Devo dire che l’umore era a terra. Eravamo arrivate fin lì e a conti fatti non stavamo facendo nulla.






E’ così che abbiamo finito per buttarci sullo shopping ed ecco il resoconto di dove acquistare oggetti di artigianato locale e souvenir a Nuuk.
In questi negozi potete trovare dagli oggetti più bizzarri ai classici souvenir come cartoline e calamite a prezzi più bassi: Anori Art Native Arts & Craft all’interno del centro commerciale, lo shop dell’agenzia Tupilak Travel e lo shop del National Museum of Greenland.
Alcuni oggetti sono veramente belli e interessanti, come i gioielli artigianali realizzati con perline colorate. Cercando bene si possono trovare bracciali e collane a prezzi anche fattibili. Oggi le perline sono in plastica, ma tradizionalmente sono in vetro e vengono utilizzate per decorare calzari, realizzare polsini, coprispalle e gioielli.
Molti dei souvenir hanno però costi proibitivi; per darvi un’idea, una fascia di lana per capelli nel bellissimo negozio Qivit costa 120€, una t-shirt semplicissima 50€.
L’artigianato locale segue la stessa regola, in più sarà difficile trovare qualcosa che non sia stato realizzato con denti, ossa, pelli e interiora di foche, balene, cani, volpi, orsi polari. Abbiamo constatato che in tutta la Groenlandia, fanno eccezione le calamite, non esiste un souvenir che non provenga da un pezzo di qualche animale. E se sei come me un souvenir del genere non riuscirai a comprarlo.
Fra gli oggetti più diffusi in vendita ci sono i Tupilak. Questa parola è il nome di una sorta di spirito molto importante nella cultura inuit. I Tupilak prendono le sembianze di statuette dai connotati demoniaci e servono a proteggersi dai nemici e dal male in generale. I Tupilak non hanno la sola funzione di difesa, ma anche di offesa. Ci hanno raccontato che si usano per lanciare veri e propri malocchi a persone odiate e nemici. Sono come delle statuette voodoo, incaricate di uccidere il nemico. In passato il Tupilak veniva collocato sotto il letto della vittima. Durante questa procedura potevano anche verificarsi degli “imrprevisti”, perché se il malcapitato fosse stato in possesso di un Tupilak più potente, la maledizione sarebbe tornata indietro per uccidere il mandante originario.
Oltre allo shopping, le sculture e i musei, Nuuk offre ben poco in città per passare il tempo. Fra le idee che mi sento di darvi c’è la possibilità di andare alla piscina con sauna Malik Swimminshal in via Sarfaaruit (aperta dalle 12.00 alle 17.00). Certo é meglio investire i soldi in una nuotata che in macabri souvenir.
Dunque, fallito anche lo shopping, abbiamo deciso di rilassarci in casa, cosa mai successa in nessuno dei nostri precedenti viaggi perché di solito siamo sempre di corsa! Abbiamo pensato potesse essere la nostra occasione!
Dopo un pomeriggio di ozio abbiamo anche pensato di concederci una cena fuori. Per continuare la serie di delusioni, ovviamente il Killut Bistrot, il risto-pub che avevamo scelto, era chiuso, quindi siamo tornate al ristorante Esmeralda. Anziché hamburger questa volta abbiamo ordinato due zuppe molto buone. Se vi capiterà di andare attenti a non fare il nostro errore. Anche le zuppe qui sono un piatto unico, sono abbondantissime e vengono accompagnate con pane abbrustolito e burro.


Giorno 5 – puffin safari e crociera nel fiordo
Era dal viaggio in Islanda che Camilla voleva vedere i Puffin, le pulcinelle di mare, ma purtroppo quando andammo noi non era la giusta stagione per avvistarli. Per consolarla, per i suoi 30 anni, le ho anche regalato una coperta di lana con ricamati a mano decine di puffin.
Forse questo sarebbe stato il nostro giorno. O forse no.
Al mattino abbiamo preparato le valigie perché il giorno dopo saremmo tornate a Copenaghen. Il tempo era incerto. La gru davanti casa si muoveva spinta dal vento. La partenza per il puffin safari era prevista per le 14.00 e ogni notifica sul cellulare era un tuffo al cuore per il timore che fosse il tour operator che annullava l’escursione. La mail tanto temuta ad un certo punto è arrivata veramente. Fortunatamente diceva soltanto che la partenza era spostata di mezz’ora. Per cui, alle ore 14.30 ci siamo presentate al meeting point di Nuuk Water Taxi, dove ci hanno accolte un tipo sorridente e del caffè gratis. Infine, ci hanno imbarcate sul nostro taxi galleggiante con un’ora di ritardo e troppo caffè in pancia. Abbiamo subito preso posto in prima fila con il binocolo alla mano! L’equipaggio era formato da due ragazze in perfetto stile inuit, che sulle note di una canzone della nostra Elodie hanno iniziato la navigazione verso Sud.
Piccola considerazione sugli altri passeggeri: un trio di donne danesi spaccatimpani e un ragazzo greco che abbiamo rischiato di perdere in mare nel tragitto e del quale per fortuna non abbiamo detto niente di brutto perché parlava perfettamente italiano.
Dopo un tranquillo primo tratto molto panoramico, il viaggio ha iniziato a farsi più movimentato. Abbiamo scoperto infatti che alle uscite dei fiordi, dove si incontrano i bracci d’acqua, si creano delle correnti sottomarine che agitano fortemente il mare. Le onde arrivavano da ogni direzione e la barca cercava di assecondarle accelerando e rallentando ripetutamente. Tra acqua e salti, se non ti metti in salvo in coperta finisci in mare.



Dopo quasi due ore abbiamo raggiunto un’isoletta talmente piccola da poter essere classificabile come uno scoglio. Chissà perché i puffin hanno scelto proprio questo posto per nidificare. Non ve ne erano da nessun’altra parte se non su quel minuscolo, specifico, fazzoletto di terra. Eppure sembrava perfettamente uguale alle altre isole e alla costa intorno.
Impossibile non vederli, i puffin erano a centinaia. Da lì, insieme a un paio di altre specie di uccelli, ripetutamente si lanciavano dalla scogliera in mare per pescare. Che strano animale: becco che ricorda il tucano, zampe palmate da oca e corpo da pinguino. Godersi lo spettacolo è difficile perché il mare è mosso e la stabilità sulla barca precaria. Facendo fatica a rimanere in piedi, siamo comunque riuscite a fare qualche foto e ammirare questi animali adorabili.





Sulla via del ritorno la barca si ferma poco distante da un piccolo villaggio abbandonato, simile a molti altri. Tuttavia, resta sempre molto affascinante ammirare questi sconfinati, ostili paesaggi e le piccole case che ostinatamente si abbarbicano alla roccia, risultando ancora più minuscole al cospetto di tutto.
Tornate a casa, abbiamo cenato di fretta perché dopo meno di due ore ci attendeva la partenza per la mini crociera nel fiordo.


Il nostro tempo in Groenlandia stava per terminare e l’ultima escursione è stata una vera sorpresa, un finale perfetto (durante il quale, scopriremo poi, che Camilla ha preso il covid).Nonostante le condizioni non ideali del mare nel pomeriggio, inaspettatamente, l’acqua alla sera era una tavola e il cielo limpidissimo. L’equipaggio era composto da una dolce coppietta di fidanzati inuit, o almeno a noi piace pensare stessero insieme. Tra gli altri passeggeri non posso non menzionare, Jakiliu, un signore di Singapore, palesemente cosplay involontario di Doraemon The Cat.
Nonostante sembrasse estremamente goffo, abbiamo scoperto parlandoci che ha girato il mondo, in particolare le mete fredde. E’ stato sull’Himalaya e andrà in Antartide a breve.
La gita in barca nel Fiordo di Nuuk è meravigliosa e si svolge prevalentemente al coperto. Si sta comodamente seduti, con una tazza di caffè in mano, mentre scorrono davanti agli occhi i pendii delle montagne che dolcemente finiscono in queste acque che sembrano di velluto. Il silenzio riporta alla pace dei sensi.
Nel tragitto lungo costa la guida indica e spiega la funzione di diversi edifici, tra cui il recentissimo e avanguardisti carcere di massima sicurezza di Nuuk, sul quale abbiamo scoperto moltissime cose interessanti in un documentario su Netflix: Inside the World’s Toughest Prisons, stagione 5, episodio 3.


A qualche chilometro dalla città, si incontra una bellissima cascata che finisce in mare dopo un salto di alcuni centinaia di metri. Proprio sotto la cascata, la barca si è accostata a ridosso della montagna per far scendere la guida, che ha riempito dei bicchieri con l’acqua della sorgente. E con un’acqua pura e freddissima abbiamo brindato alla nostra ultima sera a Nuuk.
Il percorso prosegue lungo il fiordo navigando verso nord e girando intorno alla montagna Sermitsiaq che si scopre così essere un’isola. I paesaggi lasciano senza fiato, specialmente nell’ora del tramonto, quando una luce dorata investe le montagne e fa risplendere il ghiaccio.
Insomma, Nuuk ci ha regalato un bellissimo finale, probabilmente perché sapeva ce l’avrebbe fatta pagare il giorno dopo.



L’ultimo risveglio in Groenlandia è stato un trauma. Alle 6.00 eravamo già nel taxi per l’aeroporto, che stavolta era arrivato. Giunte all’aereoporto abbiamo passato il tempo tra una puntata di Strangers Things e un cruciverba, in attesa dell’imbarco. Purtroppo dopo due ore di attesa ci hanno comunicato che il volo per Kangerlussuaq era stato cancellato. Dopo alcuni attimi di panico ci siamo rassegnate alla sfortuna che ci aveva colpite. La compagnia aerea ci ha dato un buono per il taxi e uno per la colazione e l’invito a tornare dopo 3 ore per conoscere il nostro destino e scoprire se fossimo riuscite a tornare a Copenhagen. In cerca di conforto, siamo tornate al Café Pascucci, dove stavolta ci siamo andate più pesanti con la colazione. Fortunatamente, una volta tornate in aeroporto, abbiamo appreso che il volo era stato riprogrammato. Ormai in ritardo di oltre quattro ore, era saltata la visita a Kankerlussuaq, ma se non altro la coincidenza che dovevamo prendere e tutti i suoi passeggeri ci hanno aspettato.
Fra un ritardo e l’altro e considerando che le lancette si sarebbero spostate in avanti, non so a che ore siamo arrivate a Copenaghen, ma finalmente rivedevamo, dopo 11 giorni, il buio della notte.
Serena B.
2. Informazioni utili per un soggiorno a Nuuk: come muoversi, dove dormire, dove mangiare, shopping
Raggiungere Nuuk: da Ilulissat il modo più veloce è l’aereo e consiglio vivamente di fare attenzione in fase di prenotazione perché è molto comune che gli aerei in Groenlandia effettuino fermate intermedie. Il nostro aereo ne ha fatte due: una ad Aasiaat e un’altra a Sisimiut. Questa è una cosa che non è stata molto chiara fino al momento del check-in e alla quale non avevamo fatto caso al momento della prenotazione 8 mesi prima. Il volo diretto impiega 1,5h fra Ilulissat e Nuuk. Si può raggiungere N uuk anche in nave con un viaggio di più di un giorno.
Come raggiungere il centro dall’aeroporto e come spostarsi: per lasciare l’aeroporto il mezzo più affidabile è il taxi. L’aeroporto dista circa 6 km dal centro storico della città e la corsa ha un costo di circa €24. Per muoversi all’interno della città, per un visitatore straniero, è più che sufficiente farlo a piedi poiché tutti luoghi d’interesse sono vicini tra loro. Tuttavia, è presente anche un servizio autobus. Lo giuro! Se su quello di Ilulissat nutro dei dubbi perché abbiamo visto passare raramente alcuni pulmini, a Nuuk si tratta di veri e propri autobus di colore giallo. Il costo di una corsa è di €2,80. Per spostarsi via mare invece l’agenzia Nuuk Water Taxi offre servizio navetta oltre che a escursioni e tour guidati.
Dove mangiare: la scelta dei ristoranti a Nuuk è abbastanza vasta. Per una cena fuori consiglio assolutamente il ristorante Esmeralda, dall’atmosfera intima. Si tratta di un locale a metà strada tra un pub e una tavola calda, dove è possibile trovare un po’ di tutto. Non sono molti i piatti tipici groenlandesi, ma sicuramente valgono la pena le zuppe.
Per un brunch o una colazione l’ideale è il Caffé Pascucci, dal tono italiano ma dall’offerta internazionale; è il posto giusto in cui fare il pieno di carboidrati e calorie!
Per un’opzione fai da te ci sono invece numerosi supermercati in centro dove potrete trovare qualsiasi cosa; i principali sono Pisiffik e Brugseni.
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