Giorno 4 – le scogliere di Étretat e la Côte Fleurie
All’alba del quarto giorno il nervosismo di mio fratello era palpabile, perché eravamo ufficialmente a metà del viaggio e si manifestava ormai in lui il timore di non riuscire a visitare tutti i luoghi dello sbarco. Iniziavo quindi ad incassare i primi espliciti insulti a mio carico che sarebbero sfociati poi in una serie di bisticci e litigi nei giorni seguenti. Premettendo che in fase di organizzazione mi aveva menzionato ben 42 luoghi d’interesse bellico, è implicito che sarebbe stato impossibile nel corso di una sola settimana vederli tutti; tuttavia, questo giorno si sarebbe chiuso con qualcosa di suo interesse. Per chiunque decida di intraprendere un viaggio in Normandia consiglio un mix equilibrato di luoghi fra paesini sulla costa, musei, attrazioni paesaggistiche e luoghi della guerra. Volendo focalizzarsi su uno solo di questi “ambiti”, sarà necessaria circa una settimana ciascuno.
Chiunque ami il mondo, senza essere per forza appassionati d’arte, tuttavia converrà con me che le scogliere di Étretat sono una tappa irrinunciabile durante un viaggio in Normandia e sono abbastanza sicura che anche Tommi se ne sia ricreduto; impossibile non rimanere a bocca aperta!
La prima sosta è stata quindi la piccola cittadina marittima resa tanto famosa dal suo paesaggio, nonché amata dall’arte e dalla letteratura. Fra i tanti artisti ispirati dalle candide scogliere non manca ancora una volta Monet e con lui Courbet. Molti gli artisti che sono rimasti ammaliati dalla maestosità di questa costa: imponenti scogliere in calcare a picco, disegnate dal mare che nei secoli ha creato archi e faraglioni di roccia, piccole spiagge ai piedi di questi giganti ed infine un tappeto erboso sgargiante a ricoprire il promontorio dal quale si generano. Siamo ancora lungo la Costa di Alabastro, dove ci eravamo lasciati nell’articolo precedente; questa si estende da Dieppe a Le Havre, uno dei principali porti della Normandia. La piccola città è stata anche a lungo abitata da Maurice Leblanc, autore di Arsenio Lupin, al quale è dedicato un museo sito nell’ex abitazione di Leblanc in Rue Guy de Maupassant.
Lungo questa scogliera vi sono alcuni punti di interesse che è possibile ammirare percorrendo un semplice sentiero panoramico che sale su entrambi i lati del lungomare (due sentieri quindi). Abbiamo scelto di salire solo da un lato per osservare dall’alto il panorama. La più famosa attrazione rocciosa è la Falaise d’Aval, la quale crea il possente arco calcareo di Manneporte. Su questa stessa parete, nei momenti di bassa marea, emerge un passaggio chiamato trou à l’homme attraverso il quale si raggiunge la spiaggia di Jambourg. Ai piedi della scogliera le persone del posto fanno sup in un mare dalla bellezza disarmante e vedere un uomo minuscolo in mare sulla tavola mi ha riempita di invidia; deve essere un’esperienza emozionante. Proseguendo lungo il sentiero si raggiunge poi la meravigliosa Aiguille, letteralmente la guglia, un faraglione di 70m. Ogni affaccio è un’emozione, anche volgendo gli occhi dall’altro lato della spiaggia: sul versante opposto sitrova la Falaise d’Amont, con una graziosa chiesa gotica a vedetta.
Le ore sono trascorse a cercare di scattarci foto artistiche, con poco successo d’altronde; dopodichè era già ora di andare. Avessi potuto scegliere arbitrariamente avrei deciso di proseguire poi la visita di Étretat e recarci ai Jardin d’Étretat, un magnifico parco d’arte contemporanea. Non è stato possibile, non volevo ritrovarmi a discutere e per equità ho dovuto rinunciare a qualcosa. Tuttavia, essendomi preparata con impazienza a questo momento, fornirò comunque un paio di informazioni. Questi giardini sono il frutto dell’iniziativa di un’attrice francese, Madame Thebaut, amica di Claude Monet, mentre il progetto è dell’architetto paesaggista Alexander Grivko. Egli qui ha creato una vera e propria opera d’arte botanica nella quale prendono posto numerose opere d’arte contemporanea, alcune site-specific, altre presenti in via temporanea. Con grande sacrificio ho dovuto rinunciarci ma mi ripeto che è stato giusto così!














Conclusasi la costa d’Alabastro, superata Le Havre, inizia subito la Costa Fiorita, un susseguirsi di pittoreschi antichi villaggi di pescatori per circa 50km lungo costa normanna. La prima cittadina che si incontra è Honfleur, appena attraversato il ponte di Normandia, la gigantesca opera ingegneristica che attraversa la baia della Senna.
L’aspetto del paesaggio cambia repentinamente e le spiagge di ciottoli lasciano il posto a quelle di sabbia fine, morbida e dorata.
Ci siamo fermati ad Honfleur per circa un’ora; una sosta breve ma d’impatto. Nell’800 i comodi accessi al mare qui presenti, permisero ai numerosi villaggi di pescatori come questo di divenire esclusive località balneari. Ad Honfleur, passato e presente convivono in maniera autentica, essendo scampata ai bombardamenti. Così, al fascino antico delle case a graticcio, si unisce la tradizionale eleganza francese belle époque, nei negozietti di caramelle mou e macarons, nelle giostre, nei bagni al mare e nei vecchi resort lungo la costa.
Molto affascinante è poi la Chiesa di Santa Caterina, raro esempio di chiesa in legno francese, essendo in realtà consuetudine scandinava. La chiesa ed il campanile sono stati costruiti in due edifici separati che si fronteggiano, per evitare il rischio di incendio costituito dal fatto che il campanile assolve anche al ruolo di parafulmine.
Camminando non abbiamo potuto fare a meno di entrare in uno dei tanti negozietti e fare incetta di caramelle mou a tutti i gusti immaginabili e cioccolatini.












Lasciata Honfleur ci siamo diretti verso la piccola località di Merville-Franceville-Plage, alla base della penisola del Cotentin. Verso fine giornata abbiamo visitato il museo delle Batterie di Merville, prima tappa ufficiale in Normandia sui luoghi dello sbarco. Ricordate le Batterie di Todt viste il secondo giorno? Questo complesso di batterie è il frutto dello stesso sistema difensivo tedesco lungo la costa francese. A Merville potrete visitare alcuni bunker, detti casematte, perfettamente conservati e che oggi sono padiglioni espositivi. Nota è l’inespugnabilità di questa postazione, fatta crollare infine dal 9° Battaglione dei Paracadutisti Britannici nel 1944 (costo 8€, durata visita 1,5h).
Ultimissima tappa della giornata è stata una toccata e fuga al Ponte Pegasus, che ci ha portati vicini a Caen. Caen è un città alla quale potenzialmente dedicare un’intera giornata poiché ci sono alcune cose interessanti da vedere, tra cui il castello ed alcune belle chiese gotiche. Noi eravamo però di passaggio. Come dicevo, la nostra sosta è stata invece il Ponte e Memorial Pegasus, a metà strada tra Caen e Ouistreham. Pegasus è il nome in codice dell’operazione degli alleati volta alla presa del ponte. Il ponte è stato il primo obiettivo conquistato di tutto il D-Day. Il Memoriale annesso ospita un museo della guerra che però era già in chiusura al nostro arrivo e che quindi abbiamo saltato.



Per altre informazioni su quali luoghi visitare sullo sbarco in Normandia, rimando all’articolo sui giorni 5 e 7.
Dove dormire: quella notte abbiamo alloggiato nella struttura ufficialmente più brutta in cui sia mai stata. Credevo di aver toccato il fondo nelle “celle” di un fatiscente ostello in Nuova Zelanda, ma mi sbagliavo, poiché al peggio non vi è mai fine. Siamo rifiniti in una sorta di motel sulla strada, evidentemente frequentato da individui poco raccomandabili. Ho passato le prime ore della notte sveglia a causa della musica alta proveniente da una stanza sul mio stesso corridoio. Una volta giunta al limite di sopportazione ho lamentato la cosa alla reception. Il personale è dovuto entrare usando il passepartout poichè nessuno rispondeva. Nella stanza era presente un uomo, talmente messo male da non rendersi conto di nulla, o forse morto, chi lo sa; ma questo ha poca rilevanza dato che finalmente era tornato il silenzio. Esperienza creepy a parte, sconsiglio questo posto su tutta la linea a causa anche della scomodità dei letti e dell’orrore costituito dai bagni. Voto 2 all’Hotel F1 di Caen. Costo totale: 102€.
Giorno 6 – Mont Saint Michel
Qui devo interrompe il racconto cronologico poichè, per motivazioni che a breve spiegherò, non abbiamo potuto seguire un itinerario unitario a causa di un piccolo imprevisto. Il quinto giorno è stato dedicato completamente ai luoghi dello sbarco, a cui ho dedicato un intero articolo. Per questo, saltiamo direttamene al sesto giorno e alla visita di Mont Saint Michel. La scelta di inserire totalmente a caso Mont Saint Michel, tra l’altro fortemente fuori mano, è dipesa dal fatto che purtroppo i biglietti per l’Abbazia non erano più disponibili nel giorno da noi stabilito e siamo quindi stati costretti a cambiare i piani. Che dire…ogni tanto fallisco anche come organizzatrice e quella volta mi ero mossa troppo tardi! Senza voler entrare nell’abbazia, è comunque possibile visitare il villaggio ogni giorno. Essendo la chiesa il fulcro del monte, sarebbe stato un peccato eliminarla dal tour tuttavia. Detto ciò, non fate assolutamente come noi: un’andata-ritorno dalla penisola del Cotentin a MSM in giornata, 6h totali d’auto, una cosa assolutamente da evitare.
I biglietti per l’Abbazia vanno acquistati almeno un paio di settimane prima, al costo di 11€. L’intera gita porta via circa 6 ore, richiedendo tempi abbastanza estesi per ogni passaggio. Giungendo in auto, quest’ultima va lasciata in uno dei parcheggi fuori dall’area lagunare, a circa 2,5km dal paese. Navette in continua partenza, fanno la spola tutto il giorno tra i parcheggi e la porta della città. Il tragitto in autobus dura circa 10 minuti, ma è possibile anche percorrerlo a piedi in mezz’ora o poco più. Questo è ciò che personalmente mi sento di consigliare, specialmente in tempi di pandemia. Le navette sono come carri bestiame in cui decine di persone vengono stivate fino all’ultimo angolo rimanente; a nessuno importa chi tu sia o se tu abbia il covid o il greenpass, tutti si viaggia gli uni appiccicati agli altri! Dopo forti attimi di terrore, in cui mi sono rinchiusa la testa nella giacca tentando di tenere l’equilibrio senza toccare niente, siamo giunti di fronte a quello che è sicuramente uno spettacolo incredibile. Su di una magica montagna-isola, circa 1300 anni fa, i monaci iniziarono la costruzione di una grande abbazia: un gioiello incastonato su di una sconfinata distesa di argentate sabbie fangose, pronto a galleggiare leggero quando l’acqua l’avvolge. Secondo la leggenda, o la storia, l’Arcangelo Michele apparve in sogno al vescovo di Avranches ordinandogli la costruzione della chiesa, impresa che venne avviata nel 709. Nei secoli si sono stratificati numerosi interventi architettonici andando a creare un armonico eclettismo, con evidente predominanza gotica. Al di là dell’indubbia bellezza del monte, quello che lo rende particolare sono naturalmente le maree, precisamente le più alte d’Europa. Il mare si eleva qui fino a 14 m e ad una velocità di 6km/h. Il fenomeno delle grandi maree si verifica ogni giorno, ma soltanto alcuni giorni l’anno il monte diventa una vera e propria isola per alcune ore (qui i dettagli su orari e giorni delle maree).









Dopo oltre un anno e mezzo di pandemia è stato strano e a tratti terrificante trovarsi nella folla senza possibilità di scampo. Ogni singolo vicolo era un fiume di gente, i negozi e i ristoranti presi d’assalto, ovunque c’era la fila per accedere. Per quanto non possa dire di essere rimasta delusa dall’esperienza, questo è il classico luogo su cui si ripongono forse troppe aspettative. L’aura fiabesca svanisce infatti presto, nel tentativo di farsi spazio tra la gente e nel muovere lentissimi passi in salita per via dei continui ingorghi umani. Per prendere un po’ d’aria e fare alcune foto, al ritorno abbiamo preso la via pedonale attraverso la laguna e i verdi prati che la circondano. Questi costituiscono i pascoli nei quali viene allevata una particolare razza di agnello, la “grévin”, o pecora salata. E’ stata una passeggiata piacevole che mi pento di non aver fatto anche all’andata. Abbiamo recuperato l’auto e a questo punto ci attendevano altre 3 ore di viaggio per tornare verso la Penisola del Cotentin e una volta giunti a destinazione la giornata non era certo finita!
Viaggiando ad una velocità di crociera bene o male di 140 km/h siamo arrivati giusto in tempo per un’ultima tappa. Abbiamo visitato uno dei posti più impressionanti che abbia mai visto e del quale non avevo mai sentito parlare. Ma dove avevo vissuto sino ad allora?
A Pointe du Hoc si trova un memoriale bellico che lascerebbe chiunque ammutolito: centinaia di ettari di paesaggio deformato e trasformato dai bombardamenti aerei. Decine di enormi voragini si aprono nel terreno mostrandosi in tutto il loro orrore ancora oggi, ricoperte ormai da un verde manto erboso. Un percorso con passerelle e punti panoramici conduce sopra i crateri e quel che rimane dei bunker qui presenti. Un posto in realtà bellissimo, ma dalla storia terribile. Racconta dell’assalto degli americani che di notte giunsero qui scalando la scogliera a mani nude, coadiuvati da un attacco aereo, operazione offensiva contro i tedeschi.
Posso dire che scrivendone, ancora oggi, sento il vuoto nello stomaco ed i brividi sulla pelle; Pointe du Hoc è un luogo che indubbiamente dovrebbe essere visitato e che forse più di ogni altro memoriale in Normandia fa percepire la furia e la brutalità della guerra, toccando l’animo nel profondo.




Dove dormire: è stata una decisione presa soltanto il giorno prima, poichè ci attendeva un altro di quegli Hotel osceni F1, della stessa catena della notte trascorsa a Caen. Abbiamo pertanto cancellato la prenotazione e riprenotato un piccolo appartamento al residence Adonis Grand Camp in località Grandcamp-Maisy. Costo totale: 87€.
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