L’Islanda non era fra le mie mete di viaggio in programma, o senz’altro non nella mia top ten. Camilla neo laureata, o forse addirittura prima della discussione della tesi -non ricordo-, aveva mandato richieste per un tirocinio a tutti i musei e gallerie d’arte del pianeta -scherzo, ma non troppo-. Fra le risposte interessanti ci fu la i8 Gallery di Reykjavík e quel giorno mi chiese: – mamma mi accompagneresti? – Come avrei potuto dirle no?
Il mio soggiorno sarebbe durato dal 6 al 13 marzo, avremmo passato insieme solo un paio di giorni, dopodiché Camilla avrebbe iniziato il suo lavoro. Sarei restata sola. Vero è che viaggio anche sola, ma in due è più divertente. È bastata una telefonata alla mia amica Ileana e, pronte ed equipaggiate di tutto punto, a marzo partivamo per la nostra grande avventura soft, da signore di una certa età ecco. Né io né Ileana ci sentivamo all’altezza di noleggiare una macchina e guidare su strade ghiacciate; in marzo poi non tutta la Ring Road è percorribile. La settimana precedente al nostro arrivo era stato chiuso addirittura l’aeroporto per le abbondanti nevicate, quindi, con base fissa a Reykjavík, Camilla ha pianificato le nostre escursioni. Ci sono varie compagnie, tutto è ben organizzato, con vari punti di ritrovo dove i pullman raccolgono i turisti; il nostro era a cinque minuti a piedi da casa.
Sotto un cielo unico, fra ghiaccio e fuoco – Il nostro itinerario
Martedì 7, giro turistico di Reykjavík.
Il nostro appartamento dista pochi passi dal centro, di lì ci incamminiamo verso Sæbraut, il lungomare. La città è un cantiere a cielo aperto, palazzi in vetro e acciaio si susseguono in un gigantesco caleidoscopio, la luce e il panorama si riflettono nei loro cristalli all’infinito. Il panorama è mozzafiato, all’orizzonte, oltre il mare, il cielo vergato da nuvole grigio scuro si fonde con la roccia lavica che spezza il ghiaccio. La prima tappa è l’opera d’arte site-specific The Sun Voyager dell’artista Jón Gunnar Árnason: la nave del sole, che si affaccia sul golfo, è una scultura interamente in alluminio e sicuramente la più famosa di Reykjavik. Qui facciamo una foto di rito e rientriamo verso il centro costeggiando l’Harpa Concert Hall and Conference Center. Camilla non sta nella pelle, vuole vedere dove inizierà il suo tirocinio il giorno seguente, quindi ci avviamo verso la galleria, che si trova proprio sul porto.
La lunga passeggiata ci ha fatto venire appetito e ormai è l’ora di pranzo, quindi sostiamo all’Icelandic Fish & Chips (che pare ormai abbia chiuso per sempre), proprio di fronte alla galleria. Dopo il pranzo continuiamo in direzione Skólavörðustígur, la via dello shopping, con le sue caratteristiche case colorate e le vetrine dei negozi piene di artigianato, ma è solo il primo giorno, ci sarà tempo per gli acquisti. Dopo poco arriviamo alla Cattedrale di Hallgrimskirkja, chiesa luterana. Già da lontano si vede svettare con il suo caratteristico aspetto che ricorda le colonne di basalto tipiche dell’Islanda.
La sera è prevista l’escursione per andare a vedere l’aurora boreale con la compagnia Sterna travel, ma a causa del mal tempo viene rimandata a nuova data che ci comunicheranno nei prossimi giorni. Per questo consiglio di prenotare questo genere di escursioni per i primissimi giorni della vacanza: per aver maggiori possibilità di farla comunque entro la fine del soggiorno; purtroppo il tempo qui è imprevedibile.
Sæbraut The Sun Voyager Hallgrimskirkja
Mercoledì 8, il Sud.
Partiamo alle 8.30 per il tour The South Shore con il tour operator Iceland Horizon. L’escursione ha una durata di ben 10 ore, al costo di 12,500 kr. Al sud ci attendono spiagge nere, faraglioni, cascate e scogliere.
Durante il viaggio la strada è sempre dritta, il traffico inesistente, dal finestrino il paesaggio alterna altopiani rocciosi neri coperti di neve a distese di tundra che riveste le asperità come un manto di velluto verde cangiante; lungo il tragitto si vedono decine di recinti con cavalli tozzi dal folto pelo e dalle lunghe criniere scompigliate dal vento, pecore, tante pecore, case isolate nel nulla e improvvise stradine con un cartello giallo, anche storto, con su scritti i nomi impronunciabili di paeselli sperduti; l’acqua è incontenibile e sgorga fuori ovunque dagli anfratti nella roccia. La prima sosta è la cascata di Skógafoss, originata dal fiume Skógaá, proveniente dal ghiacciaio Eyjafjallajőkull. Il salto in altri tempi era una scogliera, oggi invece il mare dista diverse decine di chilometri. È la cascata più fotogenica d’Islanda, anche per la facilità impressionante con cui il sole, colpendo le gocce d’acqua sollevate dalla caduta, dà origine a splendidi arcobaleni. È larga 25 metri e cade per 60 metri. A destra del salto si inerpica una scalinata di circa 700 gradini che porta al culmine della cascata. Subito dopo si riparte per la seconda tappa: Reynisfjara e la sua spiaggia di ciottoli neri unica al mondo. Si raggiunge passando dal villaggio di Vik. Il panorama che si vede dalla strada è stupefacente, il fragore delle onde sulla spiaggia e la risacca che trascina i ciottoli neri è assordante; sulla sinistra svettano colonne di basalto come canne di un organo, a destra emergono maestosi dalla nebbia i faraglioni in mezzo al mare. E’ severamente proibita la balneazione, qui l’oceano Atlantico mostra tutta la sua potenza. Pranziamo presso il ristorante Svartafjaran, unico locale in zona. La tappa successiva è lo Sólheimajökull, un ghiacciaio parte del più grande ghiacciaio Mýrdalsjökull che si trova in cima alla caldera di Katla, località turistica importante e famosa per le sue dimensioni e la relativa facilità di accesso; il ghiacciaio purtroppo si sta sciogliendo rapidamente a causa dei cambiamenti climatici. Sulla via del ritorno mi godo il tramonto. Verso le 16 il sole inizia a calare, in marzo le giornate sono ancora brevi, il cielo si colora di rosso, giallo, verde, blu, viola; è spettacolare e la neve rifrange i colori che ti avvolgono, e sembra di essere dentro un arcobaleno.
Skógafoss Reynisfjara Sólheimajökull Sólheimajökull
Giovedì 9, l’aurora boreale.
Avremmo la prenotazione per la Laguna Blu con Grayline, ma siamo stanche, e senza penalità è stato possibile disdire. Inoltre l’agenzia ci ha contattato, le previsioni meteo prevedono cielo sereno per la notte, quindi l’aurora boreale ci aspetta. Con calma raggiungiamo il centro di Reykjavík, facciamo un giro per negozi e visitiamo il Saga Museum. Nel museo sono ricreati momenti della storia islandese che ne hanno determinato il destino; il percorso offre una visione avvincente di come gli islandesi hanno vissuto per più di un millennio. L’audioguida è disponibile in inglese, francese, tedesco, russo, spagnolo, svedese o islandese; l’italiano: una lingua sconosciuta.
Poco prima delle 21 usciamo di casa per raggiungere a piedi il punto di ritrovo. Il pullman esce dalla città e dopo un certo numero di cambi di direzione, l’autista si ferma in uno spiazzo. Scendiamo, il buio è totale, il freddo e il vento paralizzano. Tutta la comitiva con il naso all’insù e gli occhi puntati scruta il cielo, ma niente, quello resta nerissimo. Improvvisamente, via radio arriva una chiamata, l’autista scambia velocemente qualche parola e ordina di risalire a tutti sul pullman! Ci addentriamo sempre di più nel buio profondo, ma dove siamo?! Se mi perdo sono spacciata, muoio qui assiderata! Uno volta fuori, il vento gelido ci sferza, ci ripariamo a ridosso del mezzo, l’unica parte del corpo scoperta sono gli occhi…e poi ecco, qualcosa nasce, un puntino prende forma e si trasforma in un sinuoso serpente verde, danza al suono di una musica, ma è solo la mia immaginazione, l’unica musica è il vento che sibila. Un altro serpente prende forma e poi ancora, e ancora! È meraviglioso, il cuore è a mille, non si sente più neppure il freddo mentre le lacrime di gioia si congelano agli angoli degli occhi. Verso le 4 siamo di ritorno. Una delle più belle esperienze della mia vita!
Venerdì 10 , Golden Circle.
L’area più turistica d’Islanda è tranquillamente visitabile in autonomia, vista anche la poca distanza dalla capitale, ma per noi è stato più comodo ancora una volta affidarci ad un tour operator ed effettuare l’escursione Golden Cirle and Secret Lagoon con Sterna Travel. La durata è di 9 ore e il costo a persona di 9,900 kr.
Dopo circa tre ore di sonno siamo di nuovo in partenza, anche oggi ci attende un bel giro. La prima fermata è alla centrale geotermica Nesjavellir. La stazione produce approssimativamente 120 MW di energia elettrica, fornendo intorno ai 1800 litri di acqua calda al secondo, provvedendo al fabbisogno dell’intera area di Reykjavík; ebbene sì, a Reykjavík non ci sono gli scaldabagno, né le caldaie, l’acqua arriva rovente direttamente al rubinetto di casa. La prossima tappa è il cratere del vulcano Kerið; la caldera è composta di pietra lavica rossa dovuta alla presenza di ematite e si è formata 6500 anni fa; il lago ha una profondità che varia tra i 7 e i 14 metri, a seconda delle precipitazioni. Un sentiero conduce alla sommità della caldera che è percossa da raffiche di vento costanti, così forti che mantenere l’equilibrio è impegnativo. Facciamo poi una breve sosta fotografica a Vatnsleysufoss – o cascata Foxi – , dove un sentiero permettere di passare sotto la cascata stessa, per proseguire poi verso un terreno fumante ed infine al geyser Strokkur. Il sito geotermico è relativamente giovane, si è formato nel 1789 in seguito ad un terremoto. Nell’area ci sono stagni fangosi, fumarole, depositi di alghe e altri geyser. La particolarità di questo geyser sono le eruzioni che emette con frequenza regolare. Intorno si assembrano turisti pronti a catturare in una foto il suo spruzzo di acqua bollente che può arrivare anche a 20 metri di altezza. Una pozza di acqua turchese improvvisamente si anima, borbotta e ribolle, poi si calma, riprende a ribollire e poi all’improvviso una bolla d’acqua si ingrossa sempre più fino ad eruttare un altissimo spruzzo, e calmarsi nuovamente subito dopo. Vicino si trova Geysir, ritenuto il più antico geyser conosciuto; la parola geyser deriva proprio da Geysir; pensate che in passato il suo getto ha raggiunto l’eccezionale altezza di 170 metri. Subito dopo ci attendono le cascate di Gullfoss. Il tumultuoso fiume Hvítá compie due salti consecutivi di 11 e 21 metri di altezza per proseguire poi in una stretta e profonda gola. Una scalinata porta alla sommità dove è possibile ammirare lo spettacolo del doppio salto nel fragore dell’acqua che, nebulizzata e trasportata dal vento, ci ricopre di minuscole goccioline. L’ultima tappa della giornata è il Þingvellir National Park, un’area protetta dell’Islanda. Il suo nome Þingvellir deriva dalla parola norrena Þingvǫllr, da þing («assemblea», «parlamento») e vǫllr («pianura»), a significare proprio «pianura del parlamento». Fu in questo luogo, infatti, che nell’anno 930 venne fondato l’Althing, uno dei primi (se non il primo) parlamenti del mondo. Storicamente già la faccenda suscita interesse, ma la cosa di maggior rilievo è che Þingvellir si trova su una frattura dovuta alla deriva dei continenti. Qui si trova la faglia di Almannagja che divide la placca tettonica Americana da quella Euroasiatica. Questo porta la mia mente a fare voli pindarici, la fantasia vola a quando obbligavo Camilla a studiare geografia alle elementari. Tornando con i piedi per terra, un sentiero e numerose passerelle permettono di seguirne il percorso e si vedono perfettamente le due placche tettoniche correre una vicina all’altra ma sempre separate, anche con dislivelli notevoli fra di esse. Lunga circa 5 chilometri, questa faglia è un vero e proprio canyon. Non è l’unica, ci sono numerose faglie in tutto il parco e per i più temerari è possibile praticare lo snorkeling nella sotterranea faglia di Silfra.
Vatnsleysufoss Gullfoss Strokkur faglia di Almannagja Kerið
Sabato 11, l’Ovest.
Oggi andremo verso la Penisola di Snæfellsnes e i villaggi dei pescatori con il tour The wonders of Snaefellsnes, della durata di 13 ore e costo 169,00€ a persona. Curiosità: la penisola Snæfellsnes,oltre alle sue bellezze naturalistiche, è famosa anche per il vulcano Snaefellsjokull, nel cui cratere si calò il protagonista del romanzo di J. Verne, Viaggio al centro della Terra.
La prima sosta è Ytri Tunga Beach (Arnarstrapi). Questa spiaggia mi ha colpito molto. La sabbia dal color del miele, atipica perchè sono tutte nere, ricopre a macchia di leopardo gli anfratti fra le colate laviche, e con essa anche nastri di alghe, strappate al mare, gigantesche e multicolori. In lontananza, sopra gli scogli che emergono, si crogiolano al sole le foche, alle quali è severamente proibito avvicinarsi a meno di 50 metri. Proseguiamo verso il villaggio di Arnarstrapi, dove ci accoglie la bizzarra scultura Bárður Snæfellsás, cioè un mucchio di massi sovrapposti a forma d’arco attraverso il quale si vede il mare, con un comignolo alla sommità, che rappresenterebbe la testa. In realtà somiglia ad una strana casa o ad una porta d’accesso ad un mondo misterioso. La statua dell’artista Ragnar Kjartansson, commemora la storia di un abitante medievale di Arnarstapi, un essere mezzo uomo e mezzo troll. Le vicende della sua vita sono state scritte dal popolo islandese nel XV sec., entrando così a far parte delle tante saghe islandesi. Per molto tempo gli abitanti del posto lo hanno ritenuto il loro protettore chiamandolo Spirito Guardiano di Snæfell. Da qui proseguiamo a piedi su un sentiero a precipizio che costeggia la scogliera, verso Gatklettur Stone Arch (Arco di Hellnar), un perfetto arco di pietra creato dall’erosione della furia dell’oceano. È spettacolare tanto quanto terrificante, una piccola distrazione e potresti scivolare giù per non essere mai più ritrovato. Il fragore creato dalle onde gigantesche si fonde con lo stridio dei gabbiani che si lanciano dalla scogliera di basalto dove nidificano, volteggiando e planando sulla cresta delle onde. Lo spettacolo della natura appare agli occhi in tutta la sua grandezza. Torniamo indietro frastornate, dopo aver scattato decine di foto nella speranza di salvarne magari una. Deviamo un poco il percorso e passiamo accanto ad una solitaria, quanto caratteristica, chiesetta bianca dal tetto rosso e campanile annesso, con uno steccato che la recinta. Sono frequenti queste piccolissime chiese lontanissime da insediamenti umani, mi chiedo il significato, forse ci rammentano che Dio è lì e ovunque? Per pranzo ci fermiamo al Primus_Kaffi-Hellnar. Sono proprio affamata e ordino una gustosissima Kjötsúpa, zuppa di agnello, servita con pane abbrustolito e burro salato, una leccornia! Djúpalónssandur beach è la successiva fermata. Un tempo ospitava numerosissimi pescherecci ed un villaggio di pescatori fra i più prolifici della penisola dello Snæfellsnes, oggi ormai la baia è disabitata. Questa enorme spiaggia oceanica è famosa anche per il relitto di un peschereccio i cui resti arrugginiti la cospargono ancora dal 1948. Al termine del percorso per raggiungere la spiaggia si trovano delle grandissime pietre rotonde, sono così perfette che da lontano sembrano uova di dinosauro. Le pietre hanno una storia, qui in Islanda ogni pietra ha la sua storia. Sono le pietre di sollevamento. Le quattro pietre di sollevamento erano utilizzate dai pescatori per testare la loro forza. Sono Fullsterkur (“piena resistenza”) del peso di 154 kg, Hálfsterkur (“mezza forza”) di 100 kg, Hálfdrættingur (“debole”) di 54 kg e Amlóði (“inutile”) di 23 kg. Erano tradizionalmente utilizzate per qualificare gli uomini al lavoro su barche da pesca. Ultima tappa del tour e anche del nostro soggiorno in Islanda è il piccolo villaggio di pescatori di Grundarfjordur. Visti dalla strada i pescherecci ormeggiati nel piccolo porto hanno un pittoresco, quanto spettacolare, background, infatti si staglia dietro di loro in tutta la sua magnificenza il Kirkjufell, la montagna più famosa d’Islanda. A questo punto, infreddolite per il vento e il nevischio che ci ha accompagnato per tutto il pomeriggio, con Ileana decidiamo di coccolarci con una bella cioccolata calda e la scelta cade sull’unico locale accattivante: ilGgrundarfjordur Saga Centre.
Ytri Tunga Beach Djúpalónssandur Djúpalónssandur Bárður Snæfellsás Bárður Snæfellsás Gatklettur Stone Arch Ytri Tunga Beach Grundarfjordur Kirkjufell
Domenica 12, saluti all’Islanda.
E’ il nostro ultimo giorno e l’indomani alle 3 abbiamo il pullman che ci porterà all’aeroporto. C’è un efficiente servizio di pullman effettuato da Flybus, che prevede il collegamento sistematico della capitale ogni qualvolta venga previsto un volo in arrivo o in partenza per qualsiasi destinazione. Camilla ha preso un giorno di permesso dal lavoro, l’aiutiamo a trasferirsi nel nuovo appartamento. Sistemato tutto, ci dirigiamo verso il centro di Reykjavik per gli ultimi acquisti, cioè shopping selvaggio. Abbiamo deciso di non badare a spese oggi, in fondo è l’ultimo giorno! Non siamo mai andate a mangiare fuori e decidiamo di rimediare con un pranzo a base di pietanze caratteristiche; tutte noi siamo sempre curiose di provare specialità locali. Ci dirigiamo verso il porto in un locale che fa al caso nostro, il Saegreifinn. Fa servizio anche d’asporto, ma noi saliamo al primo piano e ci mettiamo “comode”. Il posto è molto caratteristico e spartano: al piano terra gli sgabelli sono barili per il pesce riconvertiti, mentre al secondo assi di legno grezzo costituiscono sia le panche che i tavoli, che sono condivisi. Ordiniamo una gustosissima zuppa d’aragosta accompagnata da pane abbrustolito e burro salato che divoriamo velocemente, tanto da ordinare un secondo giro. Per secondo invece optiamo per spiedini di salmone e balena ai ferri. Mi spiace per gli animalisti, ma la carne di balena è senza ombra di dubbio la carne più buona che abbia mai mangiato, tutto annaffiato con abbondante birra. Satolle e alticce torniamo a casa.
Saegrefinn
Un po’ di malinconia mi prende salutando Camilla, ma il viaggio è stato ben oltre le mie aspettative e chissà che un giorno non torni, magari in estate.
Ilaria M.