Ilulissat ha un fascino unico e magnetico. Quando chiudo gli occhi sono ancora là, estasiata dai suoi iceberg che popolano la baia. Nelle mie orecchie risuona acora il coro di ululati dei cani da slitta e il sordo boato del ghiaccio che si schianta. Nel mio cuore mi auguro di poter tornare in quella piccola realtà dove, per una manciata di giorni mi sono sentita a casa.
Ilulissat è la terza città della Groenlandia e conta circa 4.000 abitanti. Si trova sulla costa Occidentale, a circa 350km a Nord del Circolo Polare Artico, affacciata sulla Baia di Disko, all’interno di un territorio Unesco. Ilulissat è conosciuta per essere la capitale mondiale degli iceberg, poichè da qui si generano circa il 10% degli iceberg di tutta la Groenlandia. Non a caso la parola inuit, iluliaq, significa proprio iceberg.
In arrivo dal cielo, sorvolandola, già lascia sbalorditi, il territorio che la circonda è surreale: un’infinita distesa di ghiaccio che si riversa in mare. Il ghiaccio abbraccia una terra fatta essenzialmente di roccia brulla; la vegetazione ad inizio giugno è ancora poca e secca, come se fosse autunno; la neve non ricopre più le strade e il mare è completamente scongelato, ma il ghiaccio è ancora presente in abbondanza.
- Cosa fare e vedere a Ilulissat – la mia esperienza giorno per giorno
- Giorno 1 – l’arrivo e l’adattamento: il primo impatto col Sole di Mezzanotte
- Giorno 2 – visita della città e kayak tra gli icebergs
- Giorno 3 – escursione al villaggio di Oqaatsut
- Giorno 4 – il regno dei ghiacci: il ghiacciaio Eqi e l’Icefjord
- Giorno 5 – visita a Sermermiut
- Giorno 6 – la partenza per Nuuk
- Informazioni utili: come muoversi, dove dormire, dove mangiare, shopping
1. Cosa fare e vedere a Ilulissat – la mia esperienza giorno per giorno
Giorno 1 – l’arrivo e l’adattamento, il primo impatto col Sole di Mezzanotte
Eravamo stanchissime dopo una giornata di viaggio e l’emozione enorme di aver realmente raggiunto la Groenlandia. Ma finalmente eravamo arrivate. Ci ha accolte un vento fortissimo e circa 4 °C.
Sentire finalmente l’aria invernale per me è stata una gioia impagabile. Amo realmente l’inverno. Non sono una di quelle persone che rimpiangono l’estate a dicembre e il freddo a giugno. L’inverno è la mia dimensione.



L’aeroporto di Ilulissat è molto piccolo, quindi non abbiamo dovuto attendere molto i nostri bagagli e in pochi minuti eravamo su un taxi che ci ha portate al nostro appartamento, a circa 6km dall’aeroporto. La sera avevamo già in programma la prima escursione, quindi non appena arrivate ci siamo riposate qualche ora. Ed ecco il primo ostacolo: la luce perenne. Avevo fatto qualche ricerca prima di partire, un po’ preoccupata proprio da questo fattore. Come si farà a dormire non vedendo mai il buio per dieci giorni? Ero preoccupata perchè per me il sonno è una faccenda delicata, è facile che mi destabilizzi, con conseguenti effetti drammatici sulla più piccola azione. La finestra dell’appartamento aveva l’oscurante, ma non era neanche lontanamente sufficiente. Dovevo convincere il mio cervello che fosse buio. Così, con vestiti e oggetti, ho cercato di escludere la luce come meglio potevo.
Con mia grande sopresa e felicità mi sono addormentata, ma lì per lì ho pensato che fosse perchè ero troppo stanca. Nel pomeriggio abbiamo iniziato a prepararci per l’escursione, ma proprio nel mentre ho ricevuto una mail in cui mi infrmavano che era stata rimandata al giorno seguente, proprio a causa del forte vento. L’uscita prevedeva kayak con il sole di mezzanotte. Ci tenevo particolamente, ma poco male perchè fortunatamente la sera dopo saremmo state comunque libere. Non era la prima volta che mi veniva annullata un’escursione, nell’Artico è frequente, dato che il meteo è molto volubile. Infatti consiglio di lasciarsi sempre del tempo di margine per poterle riprogrammare durante periodo di permanenza.
Un po’ anche sollevate di poter stare a casa quella sera, abbiamo deciso di uscire e andare in centro a piedi. Casa nostra distava circa 25 minuti a piedi dal centro. Lungo le strade appena fuor dal centro, si trovano tantissimi allevamenti di cani da slitta che dormono acciambellati sulla nuda roccia, spesso indifferenti al nostro passaggio. Gli unici interessati erano i cuccioli, che ogni volta ci correvano incontro scodinzolanti, ma pur sempre guardinghi.
I cani che si trovano in Groenlandia non sono Husky, ma cani Groenlandesi; non sono di razza pura; sono tutti diversi tra di loro nel manto, ma simili ovviamente nell’aspetto e nella conformazine fisca. Si tratta di cani estremamente resistenti che trascorrono tutta la loro vita all’aria aperta, sia d’estate che d’inverno. I cani vengono utilizzati per trainare le slitte durante l’inverno, mentre trascorrono l’estate praticamente immobili. Hanno una capacità di ripresa muscolare velocissima nel momento in cui dovranno riprendere a correre. C’è un fattore difficilmente accettabile per noi “occidentali” su questi cani: questi non sono animali da compagnia. Pochi fra di loro sono domestici e trattati con riguardo e affetto. Tutti gli altri sono veri e propri cani da lavoro, pertanto il rapporto tra padroni e animali è completamente diverso da quello a cui siamo abituati. Ad Ilulissat non esiste il veterinario e quale che sia il problema viene risolto dal padrone come meglio può.





Per noi ammetto che è stato stato fastidioso vederli legati a delle catene agganciate ad anelli piantati sulla roccia, quasi abbandonati sotto il sole su un terreno desolante, spesso maleodorante a causa delle carcasse degli animali che mangiano e dei loro bisogni. Hanno poco raggio di azione, maschi e femmne vengono tenuti separati e, dato il numero, parliamo di migliaia di cani, possiamo dedurne facilmente il perchè siano sempre legati. Passano tutta la loro esistenza legati, a partire dai sei mesi. La vita di questi cani è estremamente diversa da quella dei nostri e decisamente più breve, pochè totalmente assoggettata alla loro funzione. Una volta che i cani non sono più in grado di correre vengono abbattuti, la carne mangiata e la pelliccia utilizzata per l’abbigliamento. Per comprenderne meglio il valore culturale consiglio di prendere parte ad una visita guidata ad un allevamento di cani da slitta. Noi avremmo dovuto farla il giorno seguente ma purtroppo è stata annullata per mancanza di adesioni.
Dicevo…abbiamo camminato fino al centro, fino al mare, dove la meraviglia degli iceberg si è manifestata in tutta la sua potenza di fronte ai nostri occhi. Non potevo credere alla bellezza del luogo in cui mi trovavo. Come palazzi e cattedrali di ghiaccio, gli iceberg popolano tutto l’anno l’Icefjord di Ilulissat, donando continui, mutevoli, entusiasmanti spettacoli.
Tornando verso casa abbiamo fatto una piccola spesa. Cercando una birra per goderci la serata e il non tramonto, abbiamo scoperto che questo 6 giugno era festa nazionale, poichè lunedì di Pentecoste e nei giorni festivi in Groenlandia non vengono venduti alcolici. Si tratta di una legge nazionale derivante dal fatto che l’alcolismo è ahimé una grave piaga sociale.




La prima notte è passata abbastanza bene, nonostante la mia preoccupazione del non riuscire a dormire a causa della luce. Dormire con il sole di Mezzanotte può essere un problema poichè le energie non finiscono mai e il corpo non capisce mai che è l’ora di spegnersi. Il mio consiglio, da insonne, è darsi una routine lenta, rincasare abbastanza presto e mettere in opera qualche rituale: oscurare le finestre un paio d’ore prima di andare a dormire, cenare, guardare un film e cedere al sonno non appena si manifesta.
Giorno 2 – visita della città e kayak tra gli iceberg
Un altro bellissimo giorno di sole. Mi capita di rado di essere tanto fortunata con il tempo! Non avendo particolari piani, abbiamo deciso di dedicare la giornata a visitare la città. Come prima cosa ci siamo recate al centro informazioni turistiche (indirizzo: Kussangajaannguaq 8), speranzose di poter riprogrammare la nostra visita all’allevamento di cani, ma purtroppo non è stato possibile.
Ilulissat si visita tranquillamente a piedi, soprattutto se si sfruttano i sistemi di gradinate di legno – di dubbia sicurezza a mio avviso – che permettono ai pedoni di muoversi velocemente lungo il pendio sul quale sorge la città.
Camminando lungo le tre strade del centro, si incontrano alcuni negozietti di artigianato e abbigliamento molto interessanti, ma purtroppo acquistare qualcosa è difficile perché i prezzi sono molto alti.



Dopo aver curiosato tra un negozio e l’altro e non aver acquistato niente, abbiamo visitato il Museo di Knud Rasmussen. Il museo, molto bello e interessante, è dedicato a quest’uomo, un esploratore groenlandese di nascita ma di origini danesi. Egli fu il primo vero interprete tra le varie culture indigene dell’isola. Antropologo di grande cultura, Rasmussen dedicò tutta la sua vita a comprendere e studiare il popolo Inuit e la regione artica.
Ma qual’è la differenza tra Inuit e Eschimesi? Gli Inuit sono coloro che volgarmente nel nostro mondo sono noti come Eschimesi. Tuttavia, questo termine è, dal loro punto di vista, offensivo poiché significa mangiatori di carne cruda oppure costruttori di racchette. Gli inuit della Groenlandia discendono dagli inuit del Nord America, nello specifico da quelli del Canada.
Per entrare al museo non abbiamo dovuto pagare un biglietto perchè quel giorno era gratuito; generalmente ha un costo di circa 10 € e sono inclusi entrambi i musei di Ilulissat. Nel piccolo shop del museo ci sono dei souvenir molto carini a costi abbastanza contenuti rispetto alla media. E’ possibile comprare bracciali e collane realizzate nel tipico stile inuit, con perline e fasce di cuoio. Il museo è allestito nell’abitazione natale di Rasmussen. All’esterno sono invece presenti dei reperti e una ricostruzione di una tipica casa Inuit, arredata con pellicce e pochi altri oggetti, come una vertebra di balena utilizzata come sgabello.










Procedendo verso il mare abbiamo raggiunto un’area pic nic di fronte alla Black Church che abbiamo visto solo dall’esterno perchè era chiusa. Ci siamo godute una bellissima pausa pranzo ammirando la baia. Raramente mi sono sentita così in connessione con l’ambiente circostante.
Dopo pranzo abbiamo camminato a lungo senza troppo chiederci dove stessimo andando, tra le case e le viuzze polverose. Le motoslitte se ne stanno parcheggiate fuori dalle case in attesa di poter essere riutilizzate quando nevicherà. Fuori dai balconi e sui patii delle case sono esposti oggetti per noi bizzarri, come costole e vertebre di balena, pelli di orso e palchi di renna.








Più tardi siamo andate a visitare l’Ilulissat Art Museum. Il biglietto costa 8€ e si può pagare in euro e solo in contanti. Lo preciso perchè una cosa insolita. Praticamete ovunque è possibile utilizzare la carta. In 14 giorni di viaggio non ho ritirato neppure un centesimo!
Nel pomeriggio siamo tornate a casa per ricaricare le batterie per l’attività della sera. L’uscita in Kayak era confermata!


Al luogo di ritrovo abbiamo incontrato le guide di Worl of Greenland, Martin e Gabriel. Oltre a noi c’erano anche altri due signori americani, Rick e Joe, con cui abbiamo fatto subito amicizia. Martin ci ha spiegato come indossare gli indumenti che vengono forniti dal tour operator. Sopra ai propri vestiti si mette una muta termica, calzari e guanti. Gli strati sono talmente tanti da risultare un po’ intralcianti, ma vitali, nel caso remoto di una caduta in mare. L’acqua è a circa 1 °C. L’attività si svolge a partire dalla “spiaggia” di fronte alla Chiesa Nera, dove avevamo fatto pausa pranzo qualche ora prima. Serena ed io siamo entrate in mare per prime e all’inizio non è stato semplice. Non so come faccia Serena a reggere i miei momenti di ansia e isteria, nè perché io mi sottoponga a certe attività apperentemente non adatte a me. E’ ormai appurato come in me convivano due differenti personalità: quella avventurosa, curiosa e desiderosa di scoperta e quella ansiogena, costantemente in allerta.
Fatto sta che Martin aveva fatto la sua a metterci in mare da sole e dirci di non andare contro gli iceberg per non rischiare di ribaltarci. Per una buona mezz’ora ho avuto bisogno della guida assistita, convinta che sarei caduta in acqua e chissà cosa. Il rischio di farsi male è effettivamente nullo, contando inoltre che si viene seguiti a vista da una barchetta a motore con delle persone pronte eventualmente a ripescare lo sfortunato dall’acqua.
Pagaiare tra una miriade di pezzi di ghiaccio è molto diverso che nell’acqua libera. I pezzi più piccoli sembrano quasi innocui mentre galleggiano placidi, ma ogni volta che se ne urta uno col remo si comprende quanto anche il più piccolo sia duro e difficile da spostare. Ogni singolo pezzo è un ostacolo, quindi è necessario un pochino di tempo per prenderci la mano.
I kayak sportivi e per turisti sono oramai realizzati in plastica molto resistente e il bilanciamento è ottimale, ma il kayak costituisce l’imbarcazione tradizionale inuit. La stessa parola, ormai utilizzata in tutte le lingu, è stata infatti importata dalla lingua inuit, qajaq. La parola significa barca degi uomini e si contrappone alla umiaq, barca delle donne. In origine, così come ancora oggi, i kayak venivano realizzati in legno e rivestiti con pelli di foca. Tutt’ora gli inuit costruiscono artigianalmente il proprio kayk, come mi ha raccontato e mostrato un ragazzo inuit seduto accanto a me sull’aereo proveniente da un villaggio del Nord.




Una volta che tutti eravamo in mare, ci siamo un po’ allontanati dalla riva, procedendo verso l’Icefjord. E’ stato emozionante e, quando finalmente le braccia hanno preso il ritmo, ho potuto godermi il paesaggio commovente che mi circondava, mentre l’acqua e il ghiaccio assumevano vaghe sfumature dorate e rosate al cospetto di un timidissimo tramonto. Dopo un po’ ci siamo fermati unendo tutti i kayak in uno solo, quasi a formare una piccola zattera. Martin e Gabriel hanno tirato fuori tazzine e termos e abbiamo bevuto un infuso caldo, dolce e profumato, concedendoci qualche minuto di chiacchiere lì a galleggiare, accompagnati dal fragore del ghiaccio che sfiorava delicato i nostri kayak.
Giorno 3 – escursione al villaggio di Oqaatsut
La giornata sembrava partita col piede sbagliato, dato che avevamo toppato il luogo di ritrovo dell’escursione e che ho conseguentemente rischiato l’esaurimento nervoso. Avevo paura che ci lasciassero a terra e la mia preoccupazione è stata tale da convincere un tizio a offrirci uno strappo. Probabilmente non se la sentiva di mandarmi in giro in quello stato! Fortunatamente erano tutti lì che ci aspettavano. Avremmo preso il mare con una barca di piccole dimensioni e scoperta, quindi per prima cosa abbiamo indossato delle tute termiche e siamo partiti con Ilulissat Adventure per visitare la zona a nord di Ilulissat e il villaggio di Oqaatsuut, che si trova a circa 60 km di distanza. Partendo dal porto di Ilulissat, abbiamo navigato circa 20 minuti verso nord prima di fare la prima sosta.
La barca sfrecciava tra un blocco di ghiaccio e l’altro, tra curve e virate. Il mare era talmente turchese da sembrare una piscina. Siamo passati molto vicini agli iceberg, quasi da poterli toccare. Al mattino questi giganti riflettono l’azzurro del cielo; non si riesce a smettere di guardarli e solo loro valgono il viaggio. L’acqua era calmissima e lasciava intravedere una piccola parte della montagna di ghiaccio sotto la superficie. Nonostante le tute termiche, il vento era particolarmente gelido, ma il paesaggio ripagava ogni brivido e fastidio.




Ci siamo fermati dopo poco per lasciare una delle signore a bordo presso una casetta dove avrebbe trascorso due giorni in completa solitudine. La mia domanda è: ce l’avrà fatta? Non lo sapremo mai. Non è insolito per gli amanti della natura estrema fare queste cose: ritirarsi circondati dal silenzio della natura incontaminata e dalla solitudine. Due giorni più tardi avrebbe raggiunto Ilulissat a piedi. Io le ho chiesto perchè lo facesse e lei mi ha risposto che sono abituati a queste cose nel luogo da cui proveniva, il Montana. Appurato che ok bella la natura selvaggia, ma neppure pagata me ne starei isolata dal mondo in un ambiente a dir poco ostile per la sopravvivenza, siamo risaliti sulla barca per arrivare fino al Kangersunek Fjord.
Jonas, la nostra guida, ha ormeggiato la mini barca sulla roccia. Qui va così, niente ormeggi nè pontili. Si individua il punto meno scomodo e si salta a terra con una cima per legarla dove meglio di riesce. Dopodichè, Jonas, giovane, in forma e carino, ha continuato ad acquisire punti pescando dei pesci con le mani. Serena disgustata, io in prima linea per imparare. Dopo la breve dimostrazione di “come procurarsi la cena in Groenlandia”, era il momento del trekking.






Ci siamo spogliati delle tute termiche che abbiamo semplicemente “abbandonato” sugli scogli, dato che non c’era nessuno oltre a noi, e abbiamo iniziato a camminare in un paesaggio di indescrivibile bellezza. La roccia è ricoperta di morbido muschio pregno di acqua che fino a poche settimane prima era ghiaccio. E’ stato come camminare su un tappeto. Abbiamo costeggiato un lago ancora gelato e potuto ammirare un primo accenno di primavera artica. I primi fiorellini rosa erano già sbocciati e abbiamo fatto attenzione a non calpestarli. Dopo circa 40 minuti ci siamo fermati ad una cascata senza nome. Abbiamo camminato fin sotto la cascata, fino a non poter più sentire il suono delle nostre voci per il fragore dell’acqua. Tutto intorno a noi la tundra artica, fatta prevalentemente di muschio e piccoli cespugli al livello del terreno, era al massimo della sua bellezza. Fra le varie piante che si trovano qui c’è il Labrador Tea, una pianta da infuso con un sapore a metà strada tra il rosmarino e il limone.
Ci siamo fermati per un po’ vicino alla cascata, riempiendo la guida di domande. Con noi c’era anche una famiglia austriaca decisamente simpatica e fare gruppo non è stato difficile. Abbiamo mangiato biscotti e bevuto di nuovo quell’infuso dolce della sera prima. Sono dei veri e propri fan dell’infuso di frutti rossi! Verso mezzogiorno ci siamo rincamminati verso la barca, dove ci siamo rivestiti. E’ abbastanza scomodo mettersi e togliersi ripetutamente quelle tute, ma purtroppo necessario.






Alle 13.30 avevamo appuntamento in un ristorante particolarmente famoso nella zona che si trova nel piccolo insediamento di Oqaatsut, il ristorante H8. Il nome risale al periodo del colonialismo danese. Per i danesi utilizzare i nomi inuit era troppo complicato così, divenne comune scrivere una lettera e un numero sul tetto degli edifici importanti per renderli visibili, riconoscibili e facilmente individuabili. L’edificio che ospita il ristorante era una volta un magazzino; nel tempo ha mutato funzione ma il nome è rimasto. Il locale è delizioso, con una vista spettacolare sul fiordo e i pescherecci in continuo movimento. Nel ristorante servono cucina tipica groenlndese. Nel nostro menù era previsto un piatto unico fatto di assaggi di alcune carni locali: bue muschiato, renna, halibut, gamberetti artici e agnello.
Dopo pranzo abbiamo visitato il villaggio. È un’occasione per osservare un frammento di vita autentica groenlandese in uno dei più piccoli insediamenti della Groenlandia. Il villaggio conta circa 40 abitanti e incentra tutta la sua sopravvivenza sulla pesca dell’halibut, un pesce atlantico molto buono. Uno dei modi più tradizionali per mangiare l’halibut è quello di farlo seccare durante l’inverno sulle rocce. Molte rocce mostrano infatti i segni di questo processo sembrando quasi dei fossili o arte rupestre. Il villaggio di Oqaatsut è molto tranquillo e gode di una bellissima vista. Qui si sperimenta la vera vita della Groenlandia, senza strade né auto, senza acqua corrente né fognature. Le case infatti prendono l’acqua da una cisterna unica a disposizione di tutto il paese. Per chi cerca un po’ di pace, è possibile fermarsi a Oqaatsut anche per dormire fermandosi al piccolo Hotel Nordlys, che propone anche alcune attività.








Nel pomeriggio siamo tornati a Ilulissat. È stata una giornata meravigliosa, sia dal punto di vista della compagnia che dei posti che avevamo visto. È un’uscita che consiglio assolutamente, niente affatto impegnativa dal punto di vista fisico, nonostante il trekking. E’ ta le escursioni più utili a conoscere il territorio intorno a Ilulissat e alcune modalità di vita tradizionali groenlandesi.
Prima di tornare a casa ci siamo fermate in un locale poco oltre il ponte di Ilulissat, tornando verso il centro, il Caffè Nuak, che ci aveva cosigliato Jonas. È un posto molto carino arredato in stile nordico e frequentato dagli inuit, perfetto per una pausa caffè o merenda.
Giorno 4 – il regno dei ghiacci: il ghiacciaio Eqi e l’Icefjord
La mattina del quarto giorno è stata totalmente impegnata in un’altra escursione in barca per andare ad ammirare il ghiacciaio Eqi. Eqi è il ghiacciaio più veloce di tutta la Groenlandia, arrivando a muoversi anche 70 metri al giorno. Ogni giorno i turisti come noi si fanno condurre fin qui speranzosi di assistere alla nascita degli iceberg. Il ghiaccio, infatti, procede in avanti finché, a causa della forza di gravità, collassa e si stacca in grandi e piccoli pezzi che finiscono in mare andando a dare vita agli iceberg.
Per aggiungere Eqi siamo partite con Albatros Arctic Circle a bordo di un’ imbarcazione più grande di quella del giorno precedente e al coperto, dato che bisogna navigare per oltre due ore dal porto di Ilulissat. Quello che non sapevamo era che stavamo per partecipare ad una gita con un gruppo di anziani Danesi molto sgarbati e caciaroni che hanno reso la crociera inizialmente abbastanza sofferta. Certamente viaggiare in una barca chiusa è stato più comodo e a bordo è sempre disponibile tè e caffè. Il viaggio sembra lungo detto così, ma ammirare il panorama fa passare il tempo in fretta, così come la preoccupazione di fare un buco nella barca colpendo un iceberg.





Come sempre non ho mancato di dar prova della mia ansia cercando ripetutamente rassicurazioni nella guida al fatto che la nostra barca fosse sicura. La mia preoccupazione nasceva dal fatto che la barca urta effettivamente, continuamente, il ghiaccio, inclusi pezzi di grosse dimensioni che si sentono passare sotto la barca e sferrare colpi molto violenti alla chiglia. Il rumore è inquietante e vagamente preoccupante all’inizio, però poi ci si fa l’abitudine e si capisce che sono barche ovviamente fatte a posta per navigare in queste acque. Almeno questo è quello che mi hanno raccontato.
Più ci si avvicina al ghiacciaio più gli iceberg che si fanno numerosi e fitti e il paesaggio si fa sempre più spettrale. Non si crede di essere veramente di fronte a qualcosa di reale. Lo spettacolo a destinazione è sbalorditivo. La barca si ferma a circa 7 km da Eqi per ragioni di sicurezza: se un pezzo troppo grande dovesse distaccarsi creerebbe un vero tsunami. Quindi il mio consiglio è di portarsi un binocolo per poter osservare meglio la parete. L’enorme muro di ghiaccio lascia esterrefatti e incantati: una parete di ghiaccio frastagliata, fatta di pieghe, fessure, insenature. Ed è un attimo che ti senti di fronte alla Barriera. Si rimane circa due ore ad attendere che accada qualcosa. Ad essere onesta, noi non abbiamo visto se qualcosa si è staccato dalla parete, ma lo spettacolo rimane comunque unico ed è un’esperienza che sono felice di aver fatto e che consiglio. Stare fermi fuori in appostamento non è semplicissimo, sia per un fattore di pazienza, sia per il freddo. Inoltre sono una persona semplice, quando hanno tirato fuori il pranzo mi sono precipitata in cabina. Può non sembrare invitante, ma ci avevano preparato un buonissimo panino con carne di halibut affumicata. Durante la permanenza la guida fornisce alcune informazioni sul ghiacciaio e su come si sia tristemente ritirato negli ultimi venti anni.









Del gruppo non danese facevamo parte noi e un signore austriaco. E’ incredibile la quantità di persone che si incontrano che viaggiano sole in questi posti. Immagino non sia semplice trovare qualcuno altrettanto interessato a luoghi tanto fuori dal comune e per fortuna che ho sempre Serena accanto a me. Non credo che avrei la tempra per andarmene in giro da sola per il mondo. Fatto sta che confrontandosi con alcuni viaggiatori ci si rende conto di quanto sia nulla quello che facciamo noi, per quanto impegnativo in termini sia di tempo che economici. Per dirne una, a ottobre il signore in questione partirà per l’Antartide, io per la Scozia. Direi che ha vinto lui.
Ci siamo rimessi in viggio intorno alle 14.00 e sulla via del ritorno abbiamo anche avuto la fortuna di vedere le balene.
Una volta arrivate a Ilulissat siamo tornate a casa per riposarci e attendere l’escursione serale che inizialmente evavemo fissato alla mattina successiva; ma dall’agenzia ci avevano chiesto di anticiparla alla sera per motivi sconosciuti. Ancora una volta è importante quindi avere un certo grado di flessibilità perché è altamente probabile che le escursioni vengano spostate.
Quella sera quindi, abbiamo preso parte ad una breve crociera nell’Ilulissat Icefjord, ancora una volta con Ilulissat Adventure. Data la durata, prometteva essere qualcosa di rinunciabile e alla fine si è rivelata la più bella escursione di tutte.
Anche questa gita partiva dal porto di Ilulissat, dove convergono tutte le imbarcazioni della città, inclusi i moltissimi pescherecci. A vedere quella miriade di barche viene da chiedersi se effettivamente ogni abitante ne possieda una. Ho avuto conferma essere effettivamente così, poiché la barca è di fondamentale utilità per poter andare a pesca per i locali. In Groenlandia esiste inoltre una particolare agevolazione per quanto riguarda il prezzo del carburante che viene mantenuto intorno ai 0,70 centesimi di euro al litro proprio perché è un elemento fondamentale, sia per le barche che per le motoslitte, due mezzi di trasporto sui quali si basano le vite degli inuit.
Con nostra gioia abbiamo trovato Jonas ad aspettarci. È bello quando già si conosce la guida perché la situazione è più familiare e personalmente mi sono sentita subito a mio agio. La mini crociera nel fiordo avviene su una barca piccolissima, quindi ancora una volta abbiamo avuto bisogno delle tute termiche. Ci si allontana poco dalla città fino a raggiungere l’Icefjord e il ghiacciaio Sermeq Kujalleq.





Una volta arrivati di fronte all’enorme è infinita parete di ghiaccio non potevo credere ai miei occhi. A differenza di Eqi, quello di Ilulissat è meno pericoloso e l’acqua di fronte è più libera dal ghiaccio, quindi la barca si può avvicinare incredibilmente. La mastodontica parete bianca conta oltre 60 metri di altezza.
Il ghiacciaio Sermeq Kujalleq è un sito patrimonio UNESCO e ciò che rende Ilulissat famosa in tutto il mondo. E’ uno dei pochi punti in tutta la Groenlandia, in cui la calotta glaciale tocca il mare.
Si tratta di una vera e propria montagna dalle mille forme e colori. Da qui possono staccarsi iceberg di dimensioni incredibili. Il più grande che si sia mai registrato contava 1,5km³ di superficie e 900 metri di altezza, di cui 100 emersi. Prima di diventare iceberg il ghiaccio può arrivare ad un’età anche di migliaia di anni dal momento della sua formazione. Dall’Icecap (la calotta di ghiaccio perenne) inizia il suo lento viaggio verso il mare. Le sfumature del ghiaccio virano dal nero al blu, dal bianco al grigio. Il colore più comune è bianco con sfumature blu, ma molto dipende dalla quantità di luce solare che viene riflessa sulla superficie dell’iceberg. Questo accade in conseguenza al fatto che il ghiaccio è composto di neve compressa; al suo interno poi ci sono parti che si sciolgono andando a creare crepe e intercapedini. L’assenza di aria rende il ghiaccio in questi punti blu scuro. Il nero invece è dovuto a detriti di terra e roccia.
L’impressione è quella di trovarsi in un mondo di fantasia, oppure in una di quelle scene incredibili che si possono vedere soltanto in TV. Invece era tutto reale e non potevo credere di essere spettatrice di uno dei luoghi più belli al mondo, di essere davvero lì, dopo oltre due anni di attesa e sacrifici. Sicuramente il luogo più bello che abbia mai visto in tutta la mia vita.












Giorno 5 – Sermermiut e vita notturna
L’ultimo giorno il tempo stava peggiorando è già iniziavo a preoccuparmi per i voli che avremmo dovuto prendere il giorno seguente.
Durante la mattinata abbiamo visitato la zona a sud della città, che comprende Sermermiut e l’Icefjord center. Questo è un nuovo centro culturale ed espositivo inaugurato nel 2021 dedicato alla vita del fiordo di Ilulissat e all’importanza che il ghiaccio ha nell’ecosistema della Groenlandia. L’edificio porta la città sul piano delle grandi città scandinave con il suo stile ipemoderno. Per visitare il centro occorre un biglietto; il costo è di 15 €. La cifra è molto alta se proporzionato alla grandezza dell’esibizione, ma certamente è un luogo unico, quindi una volta arrivati fin qui vale la pena spenderli.
L’edificio vuole essere un elemento di incontro tra il fiordo e la città, la natura e la popolazione. L’architettura è pensata per fondersi perfettamente con la natura, grazie al progetto di uno studio danese di architettura del gruppo Dorte Mandrup. La forma ricorda il vento ed è possibile camminare anche sul tetto. Dal centro visitatori del fiordo partono alcuni percorsi trekking abbastanza facili che si possono percorrere in autonomia. E se lo dico io è vero! Non c’è alcun pericolo e sono abbastanza brevi. Sono inoltre un’occasione per poter ammirare il fiordo da un punto di vista estremamente scenografico.





Questa zona prende il nome di Sermermiut e si tratta di un antico insediamento del quale rimangono solo reperti e tracce poco visibili, le quali vanno a costituire uno dei pochi siti archeologici della Groenlandia. Una volta visitato il centro del fiordo, noi abbiamo iniziato la nostra passeggiata imboccando la passerella di legno che porta fino alla scogliera. Da qui il sentiero prosegue su sterrato lungo il sentiero blu. In totale abbiamo percorso 3,5 km in circa 2 ore. Il sentiero blu prosegue in un anello di 6 km. Noi invece abbiamo preso un innesto sulla sinistra concludendo con un anello più breve lungo il sentiero rosso. Questa strada riporta indietro all’Icefjord Center passando attraverso alcuni allevamenti di cani in groenlandesi. La visita a Sermermiut è irrinunciabile per chiunque si trovi a Ilulissat anche soltanto perla vista, che da qui è certamente tra le più belle della città.








Nel pomeriggio abbiamo preparato le valigie perché il giorno dopo saremmo partite nuovamente per spostarci a Nuuk. Quella sera volevamo sentirci parte del “tipico weekend artico” e avevamo saputo da Jonas che ci sarebbe stato l’happy hour all’Hotel Icefiord. Siamo uscite verso le 18:30 convinte che fosse un buon orario, ma in realtà era già troppo tardi. L’happy hour era dalle 17 alle 18. Questo non ci ho impedito di viverci comunque al massimo il momento! Entrate nel locale abbiamo incontrato praticamente tutte le persone che avevamo conosciuto nei giorni precedenti. Capita in una città di quattromila anime. Ci siamo prese una birra (costo 7 €) e siamo andate sulla terrazza panoramica. Eravamo praticamente le uniche fuori, ma siamo livornesi, quindi l’aperitivo si fa rigorosamente all’aperto! Ci siamo accomdate su degli sgabellini e abbiamo usato delle pelli di orso per riscaldarci. Bermi una birra con vista iceberg già mi sembrava la cosa più bella del mondo, non potevo pensare che sarebbe anche migliorata quando sono apparse le balene!
L’esperienza è stata talmente bella che neanche il tizio della reception è riuscito a guastarci l’umore quando ha annullato ogni nostra speranza di trovare un taxi. Ci ha liquidate velocemente dicendoci che non ve ne erano di disponibili. Pronte alla camminata verso il centro città siamo uscite molto poco convinte della cosa e infatti pochi istanti più tardi è passato un taxi diretto proprio all’hotel da dove provenivamo. Un po’ risentite, era ancora presto, quindi abbiamo deciso di proseguire a piedi. Eravamo un po’ indecise su dove fermarci perchè in effetti in centro ci sono numerose opzioni per bere e mangiare. Nelle sere precedenti aveva attratto la nostra attenzione il Bar Naleraq, per la gran quantità di inuit radunati fuori. Ma a quanto pare anche a Ilulissat si esce per una bevuta alle 11 di sera e per noi sarebbe stato troppo tardi. Ci siamo infilate allora dentro l’ Inuit Cafè, si dice uno dei migliori ristoranti di Illulissat. Con nostra grande delusione abbiamo trovato la cucina chiusa già dalle 20. Quindi troppo presto per bere ma troppo tardi per mangiare. Volendo cenare fuori, consiglio quindi di uscire intorno alle 18.00 per non essere cacciati via. Ci è stato concesso soltanto di bere una birra. Poco male in fin dei conti, ne abbiamo approfittato per fare un ultimo brindisi a Ilulissat e al nostro stupendo viaggio.



Giorno 6 – la partenza per Nuuk
Il nostro volo era a mezzogiorno, quindi abbiamo utilizzato la mattinata per mettere in ordine il nostro appartamento confessare alla padrona di casa i molteplici danni che avevamo causato, tra cui la rottura di due lampadine e il tentativo di dare fuoco alla casa, risoltosi soltanto con un sottopentola carbonizzato come vittima .
Siccome poi non ci piacciono le situazioni senza un po’ di adrenalina, il taxi non si è presentato, così abbiamo cominciato ad avviarci con le valigie a piedi verso l’aeroporto. Evidentemente abbiamo fatto preoccupare una gentile signora che sia fermata con la propria auto e ci ha offerto un passaggio.
Beh, tutto è bene quel che finisce bene; eravamo pronte per andare scoprire la nostra seconda città della Groenlandia.
Leggi l’articolo su Cosa fare e vedere a Nuuk in 5 giorni.
2. Informazioni utili: come muoversi, dove dormire, dove fare shopping
Raggiungere questo piccolo incredibile paradiso non è molto complicato. Dall’Europa partono regolarmente voli diretti da Reykjavik operati da Iceland Air, oppure si può raggiungere dalla Danimarca facendo scalo a Kangerlussuaq con Air Greenland – qui tutte le informazioni su voli e spostamenti.
Raggiungere il centro dall’aeroporto e viceversa: esiste una navetta autobus oppure si può prendere il taxi. Noi abbiamo utilizzato il taxi, dovendo raggiungere il nostro appartamento, leggermente fuori dal centro. Spesa: 23 € totali a tratta.



Dove dormire: non mi piace stare sempre qui a parlare di soldi, ma i prezzi sono decisamente esagerati, quindi il mio consiglio è cercare con enorme anticipo un appartamento su airbnb. Non solo hanno un costo nella media europea, ma sarà possibile anche usufruire della cucina per preparare i pasti. Noi abbiamo soggiornato cinque notti a casa di una persona del posto. Qui il link al nostro appartamento. Avevamo un appartamento indipendente, un monolocale spazioso, con due letti separati (di cui uno un divano). La casetta è bellissima, non manca assolutamente niente e la vista sulla baia è spettacolare.
Per muoversi dall’appartamento, che distava circa 2km dal centro, andavamo a piedi (circa 20min) oppure in taxi. E’ capitato che Laila, la nostra host, ci ofrrisse un passaggio andando verso il centro. Anche alcuni tour opertor, a escursione conclusa, sono disponibili a darvi uno strappo a casa.



Negozi e supermercati: in centro ci sono numersoi negozietti che vendono souvenir adorabili, ma dai costi proibitivi. Potendo spendere è possibile portarsi a casa oggettini di artigianato locale unici. Shoping: alcune signore inuit hanno delle bancarelle all’ingreso del superercato Pisiffik dove i gioielli di perline costano molto meno che nei negozi: trovare nomi negozi: Butik 56, Canada Goose.
A Ilulissat ci sono non meno di tre supermercati, tutti ben riforniti e vicini gli uni agli altri. Non manca assolutamente niente. I prezzi sono alti ma niente di impossibile da affrontare. Noi ci siamo portate diverse cose dall’Italia, acquistando solo poco altro. Per una spesa economica, per 4 o 5 giorni, mettete in conto circa 60 € a testa, che però è niente rispetto a consumare tre pasti al giorno fuori casa.
[…] saperne di più leggi gli articoli più dettagliati su cosa fare a Ilulissat e Nuuk.Per qualsiasi dubbio o domanda, nel caso volessi pianificare un viaggio in Groenlandia non […]