Fare un viaggio in Normandia significa anche fare un viaggio nella storia e quindi un percorso introspettivo, di progressiva acquisizione di consapevolezza e coscienza su quelli che furono gli eventi drammatici legati alla Seconda Guerra Mondiale e che qui hanno lasciato un segno particolarmente profondo. Per questo, su tutto il territorio normanno, specialmente quello costiero, si assiste ad un fitto susseguirsi di memoriali e musei che raccontano le numerose vicende legate all’operazione Overlord, o più volgarmente lo sbarco in Normandia, iniziato con il D-Day, alle prime ore del mattino del 6 giugno 1944.
Di seguito troverete riassunti tutti i punti d’interesse toccati durante il nostro viaggio, alcuni dei quali assolutamente imperdibili. Per comodità riporto anche a quelli già menzionati negli articoli precedenti. Per due intere giornate abbiamo infatti seguito un serrato itinerario tra i luoghi dello sbarco, mentre altri sono stati inseriti in maniera random in tutto l’arco del viaggio.

Giorno 5 – le spiagge dello sbarco, Bayeux e i musei.

I luoghi dello sbarco sono certamente ciò che più attrae visitatori da tutto il mondo sul suolo normanno. Questa zona della Francia è stato teatro di uno dei più drammatici periodi storici e di alcuni eventi tanto cruenti da non poter lasciare indifferenti. Su queste coste sbarcarono nel giugno del 1944 migliaia di soldati provenienti dall’America settentrionale e dal Regno Unito. La missione, nome in codice operazione Overlord, era liberare l’Europa dal giogo nazista. Per quanto infine vittoriosa, la missione portò alla perdita di decine di migliaia di soldati alleati, uomini provenienti da lontano per liberare l’Europa dalla follia e dalla dittatura. Oggi la memoria è preservata con rispetto e dignità in decine di luoghi d’interesse che ne descrivono le gesta, ne espongono testimonianze, che creano centinaia di focus e ricostruzioni. Non vi è giardino, spiaggia o piazza che non esponga una targa o un monumento in memoria dei caduti.
Il nostro di questi luoghi è stato certo il fulcro del nostro viaggio, ma premetto che non ha alcun senso logico dal punto di vista di “ottimizzazione geografica”. Abbiamo fatto un bel po’ su e giù inseguendo orari di apertura dei musei e schivando problemi vari. Uno slalom tra un imprevisto e l’altro, una corsa contro il tempo per vederne quanti più possibile. Consiglio un ordine differente dal nostro, ma qui sotto ripercorro l’itinerario completo tramite una lista di tutti i luoghi visitati. La mappa ad inizio articolo invece aiuterà a rendersi conto della disposizione delle location.

– Avevamo iniziato il giorno precedente con il Museo delle Batterie di Merville e il Memorial Pegasus vicino Caen. Di questi ho già parlato nell’articolo dedicato ai giorni 4 e 6. In serata ci eravamo infatti portati alla base della penisola del Cotentin, per poter dedicare l’intera giornata successiva ai vari siti e memoriali.
La stessa motivazione, e anche il voler fuggire il più velocemente possibile da quell’orrido Hotel a Caen, ci ha buttati giù presto dal letto il quinto giorno…

– Il quinto giorno, la nostra prima sosta è stata Arromanches les Bains, dove abbiamo visitato la prima delle 5 spiagge dello sbarco, Gold Beach. Questa è l’unica presso la quale sono ancora visibili le tracce dei pontili che costituivano il porto provvisorio per le imbarcazioni alleate. Di fronte ad un paesaggio paradossalmente spettacolare, alle prime luci del mattino, risulta difficile immaginarsi tanto orrore. Eppure, il paesaggio è così rasserenante, l’aria così pulita, il mare placido, e l’arrivo di un cavallo al galoppo ha reso il tutto paradossalmente pacifico.

– Seconda tappa: Ouistreham. Siamo tornati un po’ indietro lungo la costa per raggiungere la cittadina. Qui ci siamo infilati in un museo a mio avviso da brividi: le Grand Bunker, Musèe du Mur de l’Atlantique, si trova allestito in un enorme bunker parzialmente interrato ed in gran parte in superficie. Più che un bunker è un impenetrabile blocco di cemento su 4 livelli, totalmente privo di finestre; si succedono uno dopo l’altro, una serie di grigi corridoi che disorientano e fanno sentire in trappola. Perlomeno questa è stata la mia sensazione! Morale della favola, dopo cinque minuti là dentro mi sentivo soffocare. Ho fatto una breve fuga verso i piani più alti, sino all’ultimo, dotato di una feritoia che lascia finalmente passare la luce; ma ,nonostante questo, per me era troppo. Sono uscita con mia mamma ed abbiamo aspettato gli altri fuori. Nel museo si conservano interessanti ricostruzioni e oggetti che illustrano la vita nel bunker.

– Poco lontano si trova Sword beach, la spiaggia dove sbarcarono truppe inglesi e francesi. E’ diversa dalle altre, meno selvaggia e molto più estesa e profonda. Buffi mezzi di locomozione percorrevano su e giù la spiaggia, troppo lunga per farlo a piedi. Sui piccoli rimorchi era caricato materiale di vario genere: lettini, sdraio, tavole da surf. Sword beach è chiaramente oggi un ambito luogo di balneazione: un’infinita spiaggia dorata su cui praticare decine di attività, dal quad all’equitazione; quà e là si trovano filari di cabine in legno e ristoranti. Il volto di oggi alleggerisce certo la pesantezza dei memoriali presenti e della conoscenza.

– Abbiamo pranzato sulla bella Juno Beach. Su questa spiaggia regna un’atmosfera più intima e appartata. La riva era invasa dalle alghe che disegnavano il confine tra la sabbia e il mare. Stanchi morti, ci siamo presi un minuto per distenderci a terra e goderci un po’ il sole, tra il rumore delle onde e il forte profumo di mare.

– Dopo il triste pranzo, a base del classico pane in cassetta con formaggio a fette non bene identificato, le mie condizioni erano critiche. La notte insonne stava dando i suoi frutti. Non me la sono sentita di ciondolare in un ennesimo museo di guerra, avevo bisogno di qualcosa che mi riattivasse i neuroni.
Eravamo a Bayeux, cittadina ingiustamente poco conosciuta, per la sua bellezza ed alcuni luoghi da visitare. La nostra destinazione era il Museum of the battle of Normandy ma, come dicevo, non avevo molta voglia di un altro museo di guerra e mia mamma con me. Mentre gli uomini e Marika si sono lanciati alla scoperta del suddetto museo, mamma e io siamo state più incuriosite da qualcosa a mio avviso straordinario ed insolito! Avevo letto infatti che a Bayeaux si conserva presso il Museo della Tappezzeria un oggetto unico. L’oggetto in questione è l’arazzo più lungo del mondo, una meraviglia di circa 68m completamente istoriata con decine di scene, letteralmente il primo cortometraggio della storia. L’arazzo – in realtà tessuto di lino finemente ricamato – perfettamente conservato ed esposto, narra la vicenda della conquista normanna dell’Inghilterra nel 1066. Nel biglietto di accesso (11€) è inclusa anche un’utilissima audioguida che fornisce chiare spiegazioni scena per scena, aiutando all’immedesimazione. Per arrivare al museo abbiamo camminato circa 20 minuti attraversando il centro della città, un luogo veramente incantevole. Ho poi scoperto che effettivamente il fascino di Bayeux risiede nel fatto che ad oggi conserva il suo aspetto originario poiché è stata una delle poche città della Normandia a non essere stata bombardata e fra le prime ad essere liberata. Spettacolare la possente cattedrale in gotico normanno e suggestivo il mulino in Rue de Nesmond. Sono molte in effetti le viuzze da cui si godono scorci pittoreschi sui canali del fiume Aure sui tanti altri mulini.

– Bayeux si trova leggermente nell’entroterra, quindi, per la nostra tappa successiva, siamo tornati indietro verso la costa. A Colleville-sur-Mer, ad un passo dalla celebre Omaha Beach, si trova un altro museo di grande interesse storico, l’Overlord Museum. E’ uno dei più significativi riguardanti lo sbarco. Ma anche qui, sono passata. Le diserzioni andavano aumentando e, con me e mamma, seduta in attesa al bookshop, è rimasta anche Marika. Hanno visitato il museo soltanto Tommaso e Carlo che ne hanno tessuto a lungo le lodi. Nel museo si conserva una notevole collezione di mezzi militari della Seconda Guerra Mondiale, ben 35. L’esposizione ripercorre passo passo lo svolgimento dell’operazione Overlord, dallo sbarco in Normandia alla liberazione di Parigi.

– Ormai cotti a puntino, ci siamo trascinati ad Omaha beach, uno dei luoghi simbolo della Normandia e certo tra i più toccanti. La spiaggia è molto bella, nonostante la sofferenza che trasuda tutto intorno. Non manca un memoriale bellico, qui nelle fattezze di una bella scultura contemporanea realizzata da Anilore Banon. Il nome dell’opera è Les Braves (i coraggiosi) e porta con sé molteplici significati. Si compone di tre blocchi: le ali della speranza, libertà, le ali della fraternità.
Siamo arrivati nel momento in cui il mare si ritirava. L’acqua era talmente lontana che Carlo e io abbiamo voluto vedere quanto avremmo impiegato per raggiungere l’acqua. Ci sono voluti dieci minuti di cammino per arrivare dalla strada al mare! Di corsa siamo poi tornati verso la strada.

Dove dormire: con grande sorpresa, il mio fiuto per gli affari, ci ha condotti in una meravigliosa antica residenza sperduta nella campagna normanna. Abbiamo trascorso la notte da Beatrice, località Ver-sur-Mer.

– Il giorno seguente, dopo la visita a Mont Saint Michel ci attendeva un’altra tappa del nostro itinerario dei luoghi dello sbarco: Pointe du Hoc. Trovate i dettagli e le immagini di questo luogo impressionante nell’articolo precedente.

Giorno 7

L’ultimo giorno abbiamo cercato di visitare quanti più posti erano rimasti da vedere dedicati alla guerra e al D-day. La prima sosta è stato il cimitero degli americani ad Omaha Beach. Ci avevamo già provato il giorno precedente, ma alcuni memoriali chiudono veramente presto, quindi occhio agli orari di apertura! Avremmo voluto fare una visita veloce, ma la potenza emotiva del luogo ci ha portati a sostare più di un’ora e mezza. Ci siamo sparpagliati su tutta l’area del cimitero, ognuno coi suoi pensieri, ognuno con la propria coscienza, aggirandoci silenziosamente tra le migliaia di croci e stelle di David in marmo bianco piantate in riva alla spiaggia dove molti di questi uomini persero la vita nel 1944. Il dolore che si prova non è spiegabile, non si può che tacere, prendere atto, imparare e portare rispetto a chi qui riposa. Credo che questa sia una tappa irrinunciabile e doverosa per chiunque visiti la Normandia.

Sulla tarda mattinata siamo arrivati al Museo della Vittoria di Normandia, vicino Carentan les Marais. Per quanto sia poco interessata ai musei dedicati alla guerra e preferisca molto di più visitare i siti di battaglie ed eventi, ho trovato il museo estremamente interessante. Qui non si parla soltanto di guerra nel senso di conflitto, ma anche di tutta la vita e le attività che vi ruotavano attorno. L’immedesimazione è forte, grazie alle molte scenografie e ad un allestimento magistrale. La visita si svolge passando di fronte a ricostruzioni di momenti di riposo dei soldati, di negozi e abitazioni, vetrine dedicate all’abbigliamento tipico dell’epoca. Sono state proprio le numerose scene di vita quotidiana che vengono rievocate a colpirmi e commuovermi. Una parentesi importante è dedicata poi alle donne e alle strazianti testimonianze di sopravvissuti e parenti. Si racconta come i civili in fase di liberazione fossero terrorizzati dall’aspetto dei soldati americani, non sapendo se fidarsi, oppure di un uomo che scoprì soltanto nel 2016 come fosse morto il fratello in Normandia.

Continuando a spingere indietro fiumi di lacrime però il nostro tour è dovuto proseguire. Ci siamo spostati nella cittadina di Saint Mère Eglise per visitare l’Airborne Museum, museo dedicato all’aviazione americana. Cercando di valutare in maniera oggettiva questo posto, il museo è decisamente interessante. Più che altro per la modalità interattiva di visita. All’ingresso viene fornito un ipad che integra i materiali informativi con ulteriori focus ed approfondimenti. Gli edifici sono padiglioni all’avanguardia, dove all’interno sono osservabili interi aeroplani. L’impatto scenico è notevole devo ammetterlo, ma forse, dal basso della mia ignoranza, me lo sarei risparmiato. La cittadina di Sainte Mére Eglise è comunque una sosta che vale la pena fare per un aneddoto che l’ha resa famosa. Qui infatti un soldato paracadutista, lanciandosi dall’aereo, rimase impigliato al campanile del paese. Oggi è visibile il fantoccio di questo soldato che rievoca l’accaduto.
Ho osservato a lungo il manichino di quel soldato, aspettando che mio fratello si decidesse ad uscire dal museo. Sono stata la prima ad arrendersi, pochi minuti dopo mi ha raggiunta mia mamma. Quando finalmente gli altri sono usciti, mancava ancora all’appello la quinta spiaggia dello sbarco Utah Beach. Anche qui è presente un memoriale e museo, ma si era fatta l’ora di andare, giusto il tempo di dare uno sguardo e ci siamo rimessi in viaggio per tornare a Beauvais. All’alba del giorno dopo siamo decollati ognuno verso le rispettive destinazioni.

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