Era una mattina soleggiata e luminosa. Tra chicche di storia dell’arte in fanta-abruzzese, le prime avvisaglie di una fame mostruosa – di lì a poco il drago implacabile delle colazioni all’alba avrebbe scatenato uno Sturm und Drang nello stomaco – il venticello temperato delle alture immerse nella clorofilla estiva, i Nostri si accingevano ad intraprendere un francescano cammino nella natura punteggiata dall’antropizzazione scultorea del Chianti Sculpture Park. Premettendo l’accertata fallibilità dell’essere umano, la consolidata relatività della nozione di buon gusto, nonché la certezza mai doma che, così come il tempo, pure lo spazio è tiranno, ecco sei opere fotogeniche che ci hanno particolarmente colpito.

1 Twist di Neal Barab

Un americano a Pietrasanta, città adottiva con un nomen omen dato che Barab è appassionato cultore della pietra. Di formazione californiana – con trasferte svedesi per approfondire lo studio e la lavorazione del granito – in Twist Barab offre un saggio della sua confidenza con la materia lapidea realizzando due sculture dalla linea essenziale, equilibrata e rigorosa. Un modellato armonioso e superfici finemente levigate si completano grazie alla disinvoltura con cui Barab utilizza le cromie delle venature naturali per sottolineare il moto a spirale definito da forme e volumi.

2 Chianti di Roberto Cipollone

Artista pescarese Roberto Cipollone – in arte Ciro – ama lavorare con oggetti di scarto per trasfonderne il ‘vissuto’ nelle sue opere. Non fa eccezione Chianti, in cui unisce la familiarità con i metalli conosciuti alla fonderia artigianale del padre, alle suggestioni del luogo. Perché i sette cerchi che installa nel bosco altro non sono che lo scheletro di una botte memore del buon vino, così come gli oggetti appesi che, danzando nel vento come scaccia spiriti, rimandano al lavoro nei campi di una terra generosa.

3 Off the Beaten Track di William Furlong

William Furlong, dalle terre inglesi del Surrey, porta con sé le esperienze derivate dagli studi di arte e fotografia che confluiscono anche nella creazione del suo progetto, Audio Art. Off the Beaten Track è un’installazione che unisce sedici cubi metallici ai suoni registrati nella vicina Siena, un impianto teatrale di grande suggestione che si attiva al passaggio dei visitatori, unendo le voci della città al frinire delle cicale.

4 Rainbow Crash di Federica Marangoni

La padovana Federica Marangoni, che proviene dal vivaio della Fondazione Bevilacqua La Masa, nella sua ricerca predilige neon e vetro. Come nel caso di Rainbow Crash, in cui coloratissimi vetri Murano trasparenti sembrano sovvertire l’accezione cupa e oltretombale di umbra,in un trionfo di proiezioni cromatiche che si riversano sui toni neutri del suolo boscoso, illuminando anziché oscurare.

5 Balance di Christoph Spath

Un totem in vetro e granito, Balance del tedesco Christoph Spath, che riporta blandamente alle forme dei feticci di culto dei nativi americani. La sua ieratica e monumentale presenza, la simmetria ed il silente equilibrio, sembrano suggerire una lontana spiritualità animista per questi luoghi abitati dalla natura e attraversati dalla pace.

6 The Keel di Kemal Tufan

Oltre che artista visuale, il turco Kemal Tufan è anche coreografo. L’utilizzo dello spazio, dei vuoti e dei pieni delineati da questa maestosa scultura, sembra denunciare proprio la visione d’insieme, di forme e di movimento – pur nell’immobilità – di un autore che conosce la scena. Forse è lo scheletro di una nave, di un antico ventre di balena, questa chiglia, con tutte le simbologie connesse; qui il muschio ha donato la dimensione del tempo, così come la polvere cadendo sulle bottiglie di Giorgio Morandi.

Linda L.

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